Cuneese anche se di orgine francesce, Nicolas J. Roncea è uno dei musicisti più imprevedibili e talentuosi della scena indie italiana. Attualmente in tournèe con Marcello Pipitone dei Marta Sui Tubi, lo incontriamo per conoscere la sua storia, svelare alcuni “misteri” della sua musica e delle sue produzioni discografiche.
Mi sembra che con le due pubblicazioni discografiche di quest’anno la tua musica si vada polarizzando: da un lato produzioni indie rock più canoniche e dal suono più pieno, di cui il full lenght della scorsa Primavera intitolato Old Toys (I Dischi del Minollo – 2012) è l’esempio, dall’altro sperimentazione folk minimale, evanescente, come nelle tracce dell’EP di quest’Autunno, intitolato Impossible Roncea (Yo!Netlabel – 2012), che se ho capito bene è nato in un tuo recente periodo di inattività dovuto a problemi alla mano sinistra. ti ci ritrovi in questa sintesi?
Assolutamente sì, mi ci ritrovo eccome! Non saprei aggiungere altro… sei informatissimo!
Il recente EP hai deciso di offrirlo in streaming ed in download libero www.yonetlabel.com/2012/05/nicolas-joseph-roncea-impossible-roncea.html come mai questa scelta?
Impossible Roncea è nato, come già abbiamo detto, “giocando” a casa perché non riuscivo a suonare la chitarra normalmente e mi sono quindi concentrato sull’editing, sulla sperimentazione delle voci e su altri aspetti che per me fino a quel momento erano totalmente sconosciuti. In un primo momento ho cercato di metter su una band per riprodurlo dal vivo ma siccome il progetto era diventato troppo difficile da gestire essendoci cinque musicisti, ho abbandonato l’idea. Quei brani sono stati così messi da parte e non era prevista alcuna uscita. Mi sono fatto influenzare da alcuni amici che avevano espresso alcuni bei commenti a riguardo e con Giovanni della Yonetlabel abbiamo deciso di pubblicarlo. Essendoci una produzione a costo zero dietro mi è sembrato giusto renderlo disponibile in free download.
I due lavori seguono l’interessante esordio del 2010, intitolato News from Belgium (I Dischi del Minollo – 2010), in cui ricordo c’erano anche atmosfere post rock (‘A Day – A Week’) che mi pare un po’ stai abbandonando, di recente; che tipo di esperienze hai maturato nei due anni trascorsi da allora? Hai suonato molto dal vivo? Riesci, con la tua musica dal suono sottile, a richiamare l’attenzione del pubblico? Qual’è la dimensione live in cui ti trovi più a tuo agio? Immagino siano gli ambienti raccolti, intimi…
Diciamo che “A day a week” è una parentesi post rock all’interno di un album che richiama, come “Old toys” al folk-pop d’oltreoceano. E’ un brano che ho fatto dal vivo solo nel breve periodo in cui ho suonato con una band creata appositamente per la prima parte del tour di presentazione del disco.
Rispetto al live la tua è una giusta osservazione: l’ambiente ideale è quello intimo, raccolto e con gente che ha voglia di ascoltare. Quando la situazione è di questo tipo allora il concerto è potente ed efficace, diversamente non è semplice riuscire a catturare l’attenzione del pubblico, sopratutto se quel che si aspetta è un live rock visti i miei progetti paralleli che sono piuttosto“rumorosi”.
Parlaci dei musicisti che suonano con te nelle canzoni pubblicate nel 2012; ci sono tanti ospiti; raramente, tra l’altro affini al genere di musica cui ti dedichi tu.
Nel mio secondo album hanno suonato tanti musicisti straordinari: voglio ricordare Frank Alloa, Manuel Volpe, Ru Catania (ex Africa Unite), Luca Ferrari (Verdena) Carmelo Pipitone e Mattia Boschi (Marta sui tubi), Gigi Giancursi (Perturbazione). Hanno collaborato tutti alla realizzazione di “Old toys” portando classe, belle idee e grande professionalità oltre che essersi mostrati delle persone umanamente meravigliose. In particolare con Frank, abbiamo poi suonato ancora per diversi concerti e con Carmelo stiamo per iniziare un tour di una decina di date in duo acustico che ci porterò in tutto il nord italia fino a Febbraio 2013.
Sei di nazionalità italiana, ma di origine belga, vero? So che ti esibisci anche all’estero: quali le differenze tra il pubblico italiano e quello di altri posti? Dove ti senti più realizzato?
In realtà sono cresciuto in Italia ma sono di nazionalità francese. La mia vicinanza al Belgio è legato ad un periodo in cui ho passato molto tempo lì perchè innamorato di una ragazza belga… una storia lunga e molto triste.
Ho suonato tanto all’estero con Io Monade Stanca, progetto poco conosciuto in Italia ma molto apprezzato in Europa (sopratutto in Francia). Non riuscirei a dire se mi sento più realizzato qui o all’estero: sicuramente oltre il confine si trova un pubblico più attento e molto più curioso, con la voglia di conoscere nuove realtà e di andare ai concerti.
La musica che fai tu sicuramente ha un’ispirazione americana, eppure la componente sperimentale in qualche modo rende tutto più complesso; è riduttivo dire che suoni new folk… eppure in Old Toys ci sono anche momenti più – diciamo così – tradizionali: ‘Leave me Alone’ fondamentalmente è un blues, mentre ‘You’re Breaking your Wall’, col piano, ha un’impronta beatlesiana. sei daccordo?
Sono assolutamente d’accordo con te. Ci tengo a dire che non ho studiato a tavolino quale impronta dare al mio disco o quale suono avrei voluto avere. Sono entrato in studio con dei brani nati nei miei momenti di intimità, in casa. Tutto quel che ne è uscito fuori è frutto dell’incontro fra le canzoni scarne e la produzione di Andrea Brasolin con l’aggiunta di arrangiamenti vari curati dagli ospiti che ne hanno preso parte. Considerare “Old toys” un disco mio al 100% è sbagliato. Sicuramente il blues ed i Beatles fanno parte dei miei ascolti ed è naturale che le mie influenze vengano fuori. Sarebbe strano il contrario.
Il brano intitolato ‘All Jazz Era’ presenta, come del resto accade spesso nelle tue canzoni, delle improvvise variazioni di ritmo e tema; c’è da parte tua l’intento di cercare la sorpresa, l’imprevedibilità?
All jazz era è un brano piuttosto assurdo: è nato giocando con l’editing, non avrei mai immaginato di fare un simile cambio di ritmo e tema a tavolino. E’ venuto fuori quasi per caso e mi è piaciuto. Non c’è da parte mia l’intento di cercare la sorpresa, quel che viene fuori è spontaneo e naturale. A volte sorprende e quanto accade è bellissimo.
Il ricorso all’elettronica arricchisce le tue composizioni semiacustiche dagli esordi, pur mantenendo sempre un ruolo di accompagnamento, non centrale. qual’é il tuo rapporto con gli strumenti elettronici?
Non sono mai stato attratto dagli strumenti elettronici: ho sempre trovato più attraente un basso, una batteria o una chitarra. Nel periodo in cui non ho potuto suonare ho comprato un sintetizzatore ed ho incominciato a smanettarci un po’: ho cambiato totalmente idea a riguardo ed ora sto studiandomi un lato della musica ed un mondo per me sinora inesplorato. Devo dire che mi piace un sacco.
Di cosa parla ‘Tutto Andava Bene’, e com’è nata?
Quando vivo il presente spesso mi sembra tutto una merda. Poi il presente diventa passato e nel futuro ripenso al passato, considerato allora da me in un determinato periodo presente e mi rendo conto che in realtà era tutto ok ed era sbagliato considerare negativo quel momento. Non avrai capito un tubo ma “Tutto andava bene” parla di questo. In altre parole cerco di aiutarmi a smetterla di lamentarmi.
Non ti interesserebbe provare ad associare la tua musica alla videoarte, al cinema?
Mi piacerebbe moltissimo, sarebbe un sogno per me. Purtroppo non ho ancora avuto la possibilità di incontrare nessuno che mi ha fatto una proposta di questo genere ma mi auguro che un giorno accadrà.
Dal vivo presenti le tue canzoni nello stesso formato esile del disco? c’è batteria e basso, quando suoni in concerto?
Dal vivo mi presento in solo chitarra acustica e voce. La dimensione del live non è la stessa del disco ma tantissimi mi hanno detto che è decisamente migliore. Quando mi scrivono che il disco è piaciuto invito sempre ai miei concerti perché sono convinto del fatto che il concerto piacerà ancora di più.
Autore: Fausto Turi
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