di Susanna Nicchiarelli con Sergio Rubini, Claudia Pandolfi, Angelo Orlando
E’ una commedia fresca e briosa quella messa in scena dalla regista esordiente Susanna Nicchiarelli, premiata – per la sezione Controcampo – durante l’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Scritto dalla regista con la collaborazione di Teresa Ciabatti, Cosmonauta è un viaggio intimo e personale nel percorso di crescita di Luciana, bambina comunista, figlia di un comunista e sorella di un comunista, sullo sfondo della fine degli anni ’50 e delle grandi conquiste aerospaziali della CCCP.
Seguiamo la piccola Luciana dalla sensazionale fuga durante la sua prima comunione al grido: Sono comunista! (è bellissimo vedere questa bambina spogliarsi dell’abito cerimoniale in una corsa alla conquista della propria personalità e della propria libertà che sembra ispirata – ma forse è un paragone eccessivo – alla corsa di Elaine ne Il laureato di Mike Nichols), fino alle prime esperienze nella sezione di partito – il Pci naturalmente – ai primi baci e agli incantevoli incontri sulla terrazza con il fratellone Arturo (Pietro del Giudice) a parlare di politica, di supremazia anche in campo spaziale dell’URSS e a sognare la Luna.
La Nicchiarelli riesce a seguire la sua piccola eroina – interpretata da una convincente Miriana Raschillà – con naturalezza e leggerezza, lasciandoci partecipare ai piccoli drammi e alle scoperte di Luciana senza invadenza e anzi accompagnandola come seguendo le pagine di un piccolo album fotografico lungo le note di piccoli e grandi successi in voga negli anni ’60 (da “Nessuno mi può giudicare” a “Cuore matto” e “Io che amo solo te”), riadattati per l’occasione da Max Casacci. Insieme alla Raschillà, Claudia Pandolfi (nel ruolo della madre di Luciana), Sergio Rubini (il papà acquisito e fascista) e Angelo Orlando (nel ruolo di Leonardo, responsabile della sezione PCI “Trullo”)
Cosmonauta è un film piacevole, che riesce a dare uno spaccato dell’Italia del boom economico e della grande partecipazione politica, senza ammiccamenti e furbizie autoriali. Per certi aspetti – come afferma Simone Emiliani su Sentieri Selvaggi – il debutto della Nicchiarelli (Cosmonauta è il suo primo lungometraggio, preceduto da alcuni documentari e cortometraggi tra cui “Il terzo occhio” e “L’ultima sentinella”) “possiede quell’attraente umiltà di certe opere prime del cinema italiano dalla seconda metà degli anni ’90 in poi” come, ad esempio, “Il grande bleck” di Giuseppe Piccioni, “Mille bolle blu” di Leone Pompucci e “Come te nessuno mai” di Gabriele Muccino. Il tutto contornato da immagini di archivio e cinegiornali dove si possono ammirare l’eroica Laika, il grande Jurji Gagarin e soprattutto Valentina Vladimirovna Tereshkova, la prima donna nello spazio che effettuo’ il suo storico volo a bordo della navicella Vostok-6, lanciata dalla base di Baikonur nel lontano 1963.
Le conquiste cosmiche sovietiche insieme agli avvenimenti politici dell’epoca costituiscono l’elemento che scandisce le vicende della piccola Luciana: il film le ripercorre a partire dal 1957 con il lancio nello spazio della cagnetta Laika, eppure è impossibile definire Cosmonauta un film politico. La politica e l’ideologia sono il sostrato sul quale la regista intesse la trama delle vibrazioni sentimentali della protagonista dando luogo più che altro ad un racconto di formazione.
Luciana è una ragazzina che affronta durante la messa in scena filmica gioie e dolori prettamente adolescenziali: le prime cotte, la rabbia, le ingiustizie, la scoperta del sesso, il dolore, la propria femminilità, e il fatto che il tutto sia ambientato tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60 potrebbe essere soltanto un caso. Il pretesto per raccontare la storia altrimenti banale – e la Nicchiarelli non scade mai nella banalità – di un’adolescente altrimenti troppo simile alla Vic de Il tempo delle mele.
Ma di caso non si tratta.
La regista romana – che nella kermesse veneziana ha guadagnato una standing ovation di dieci minuti – in un’intervista per Coming Soon ha detto: “Volevo raccontare la politica italiana in un modo diverso dal solito, senza nostalgie, con ironia. Quindi ho pensato che il riferimento stilistico potesse essere il musicarello: utilizzare quei colori, quei vestiti, quelle acconciature per girare un film che fosse un po’ il Grease dei comunisti. In fondo Grease raccontava gli anni Cinquanta, l’ingenuità prima dei Kennedy, del Vietnam. Un’ingenuità perduta. E io volevo raccontare la politica italiana prima del ’68, prima del terrorismo”.
Un racconto che a doppia trama si lega a “La prima linea” di Renato De Maria, film che invece tratta della storia d’Italia a partire dalla seconda metà degli anni ’70 e che seppur partendo da presupposti diversi costituisce con Cosmonauta un unicum che traccia la biografia di un paese ormai scomparso nella notte dei tempi.
Autore: Michela Aprea