Mi sono chiesta spesso, durante lo show dei Misfits, che cosa avrebbe pensato un antico azteco nel vederci tutti là, schierati, vestiti di nero, con gli occhi fissi sul palco. Dico un antico azteco perché loro erano quelli scemi, quelli che se la fecero sotto per i cavalli europei, figuriamoci per i Misfits. Che poi il concerto dei Misfits, l’ho capito dopo, è come una specie di Fight Club, dove la prima regola è: vietato parlarne.
In silenzio l’intero popolo anarchico di Roma e ben oltre (gli accenti valicavano il confine laziale) è uscito dai sotterranei e ha invaso l’Alpheus a passo sicuro. Una marcia. I fan dei Misfits sono i Misfits. Tutti con la stessa maglietta nera con il teschio bianco sparato in faccia a chi li incrocia per strada; autoreferenziali come pochi, dato che pure il cantante e bassista del gruppo, Jerry Only, indossava la sua bella divisa, nascosta solo da una giacca di pelle con delle borchie applicate sulla schiena, che a un certo punto veniva naturale da chiedersi da quanto tempo gli stegosauri hanno imparato a suonare il basso.
L’Alpheus era strapieno. Poco prima dell’inizio dello show io e la mia amica, fan sfegatata punk hardcore, ci posizioniamo nella parte dei pivelli, quella sulle scale. Tana libera tutti.
“Ma come non vuoi stare nel mezzo?” faccio io. Ma la mia amica i Misfits li conosce bene e per quanto li adori si limita a fare due saltelli, mentre già alla prima canzone, in mezzo al pubblico, c’è chi chiede aiuto.
Un grande evento. Perché questa data dei Misfits era una specie di combo sacrale: affianco all’anima vera e propria del gruppo, Jerry Only, c’erano alla batteria e alla chitarra due membri dei Black Flag, storico gruppo punk hardcore anni ottanta, che pure si sono concessi qualche vecchia nostalgica hit di musica anarchica. Le canzoni erano tutti inni storici: da Die die my Darling a Dig up her bones, Teenage punk ed Halloween.
La band non si è fermata un attimo a riprendere fiato. Nella seconda parte del concerto i ragazzi delle prime file hanno iniziato ad invadere il palco e lanciarsi in stage diving sulla folla. A catena. Sembrava una finale olimpica di tuffi, ma per veri uomini. A un certo punto poi un episodio illuminante: uno dei tuffatori vuole creare la rissa, sale sul palco e da una spinta a Jerry Only mentre sta cantando; Jerry senza smettere un attimo di cantare, gli si avvicina, lo prende per un orecchio, come un vecchio zio incazzato, e lo rigetta in pasto alla folla. Tutto prosegue poi arrabbiato e cattivo come da copione. La più grande magia dei Misfits è quella di creare il caos attraverso un’esecuzione perfetta dei loro brani.
Il resto è scena. La scena dello show. E quando mi dico questo, mi ripropongo pure di pensare a Renato Zero in questa chiave: che alla fin fine, tra Renato Zero e i Misfits non è che ci passa l’Oceano Atlantico, ma più che altro il Tevere.
E che se Renato fosse stato solo un po’ più incazzato e meno frocio, magari poi noi i nostri Misfits in Italia ce li avevamo nella capitale.
No vabbè. Questa è una cazzata.
Autore: Olga Campofreda
www.MISFITS.com