Cole Williams è un venticinquenne musicista e produttore olandese che debutta come The Child of Love con quest’album omonimo di cui ha preparato anche la copertina, che vede le ospitate di Damon Albarn alla voce sui beat malinconici di ‘One Day’ e del rapper DOOM sui campionamenti di un hud arabo in ‘Owl‘.
Oltrea al nome particolare che Williams s’è scelto, “Lov” sta per Light-Oxygen-Voltage, non si sa molto di lui decidendo di non diffondere troppe notizie centrando a quanto pare l’obiettivo di creare un velo di mistero in cui la stampa specializzata abbocca creando curiosità, cresciuta esponenzialmente quando in Primavera Child of Lov ha rifiutato malgrado l’attesa dei fan di andare in tournèe – ha detto no anche agli inviti ai festival di Glastonbury e di Bestival… – perchè ha spiegato sul suo sito internet di essere un perfezionista, e di non vedere al momento le condizioni per offrire il live set che ha in mente.
Cresciuto ascoltando il soul anni 60-70 e l’hip hop anni 90, Child of Lov con la sua musica incrocia il dub, il big beat, il soul elettronico, l’hip hop, e l’effetto finale ricorda nomi importanti come D’Angelo, Prince, il Tupac meno aggressivo, il Beck di O-De-Lay, Gnarls Barkley, Moby; di quest’ultimo in particolare ritroviamo in Child of Lov il fatalismo dimesso dei toni, che traspare in alcuni veri e propri spiritual elettronici come ‘One Day’, ‘Fly‘ e ‘Call me Up‘.
Altro elemento interessante di questo artista è la navigata voce black persino sorprendente per un giovane bianco europeo, e la manegevolezza con cui tratta il soul e l’hip hop in una chiave di volta in volta indolente, grezza o sofferta.
Nel disco poi ci suona il bassista dei Flying Lotus, che dà un contributo laddove in ogni caso anche lo stesso Williams suona il basso, oltre all’elettronica, e si occupa egli stesso della produzione del lavoro.
The Child of Lov è un disco insomma valido malgrado le idee dell’autore non trovino sempre l’esperienza necessaria per essere sviluppate al meglio; manca ancora la maturazione definitiva, malgrado la scrittura sia discreta – brani di buon peso specifico ce ne sono, e coincidono coi bei singoli: ‘Fly’, ‘Heal’, ‘Go with the Wind‘ – il resto poi non scende mai al di sotto della sufficienza per lo meno formale, in ogni caso, con tanti samples tra il soundsystem ed il dj-ing anni 90 – bei suoni retrò, ad esempio, in ‘Warrior‘, che davvero può sembrare un’hit di Prince – che non puntano al sensazionale ma che Williams sceglie semplicemente perchè è ciò che infondo ama, e poi bisogna riconoscere che Child of Lov ha personalità e capacità di linguaggio proprio, e questo è un buon viatico.
Collaborare con nomi di esperienza potrebbe arricchire il suo lavoro di tecnica e idee a patto di non svilire la propria personalità, suonare molto dal vivo potrebbe essere un modo per completarsi come artista.
autore: Fausto Turi