La seconda tappa del nostro viaggio nel mondo dei libri sul cinema continua con un’altra opera di François Truffaut, regista-critico- cinefilo, stella polare della nostra piccola sezione biblio-cult cine–freak (cioè di libri di culto per cinefili da paura o in alternativa, per imprescindibili afficionados di Freak-out) .
Il cinema secondo Alfred Hitchcock è considerato (e si autoproclama) il più divertente libro di cinema che sia mai stato scritto.
Non sto qui a darvi conferma di quanto dichiarato sulla copertina di questo libro intervista fondamentale per chiunque (cinefili, cinofili, bibliofili, musicofili, necrofili…) perché a dire il vero nn ricordo più se mi sono divertita leggendolo: l’unica sensazione che mi è rimasta è quella di un’estasi profonda e a tratti, mistica.
Ma ve li immaginate il vispo François e l’”inquietante” Alfred seduti ad un tavolo o al telefono a parlare di inquadrature, di montaggio, di scenografie e, in fondo, di tutta la loro vita?
Ma riuscite a rendervi conto che con scarsi dieci euro, potreste avere la possibilità di sbirciare tra la righe, come bambini disubbidienti, i discorsi di due grandi del cinema?
“Il cinema secondo Alfred Hitchcock” è l’omaggio di Truffaut all’uomo, alla sua opera e straordinaria inventiva. È una dichiarazione di profonda ammirazione, nata dal rifiuto verso l’atteggiamento di certa critica codina e con la puzza sotto al naso, nei confronti di uno dei più grandi maestri dell’arte cinematografica.
“Nel 1962, mentre ero a New York per presentare “Jules e Jim” mi accorsi che tutti i giornalisti mi ponevano la stessa domanda: “Perché i critici dei Cahiers du Cinéma prendono sul serio Hitchcock? È ricco, ha successo, ma i suoi film non hanno sostanza“. (…) Tornai a Parigi esterrefatto. Il mio passato di critico era molto recente e non mi ero ancora liberato della voglia di convincere, che era il denominatore comune di tutti i giovani dei Cahiers du Cinéma”.
È stato allora che come illuminato da una misteriosa creatura eterea e dalle doti divine, Truffaut viene investito dal “sacro fuoco” della sua missione: redigere l’Hitchbook- una lunga intervista, articolata in cinquecento domande e della durata complessiva di circa 50 ore sulla vita e le opere del regista inglese.
L’Hitchbook, alias il frutto dell’infinita devozione di Truffaut nei confronti del più completo dei cineasti di Hollywood, avrebbe dovuto focalizzarsi su ciascuno dei seguenti punti:
a) le circostanze che circondano la nascita di ogni film;
b) l’elaborazione e la costruzione della sceneggiatura;
c) i problemi di regia particolari di ogni film;
d) la stima fatta sul risultato commerciale e artistico dei singoli film in rapporto alle speranze iniziali;
ma non è “solo” questo.
“Il cinema secondo Hitchcock” è il racconto di una profonda ammirazione che diventa, nella cadenza degli incontri, prima intimità e poi amicizia: partendo dall’infanzia del piccolo Alfred e dalla “storia del commissariato” (che conoscerete solo se leggerete il libro), passando per il racconto della (tarda) iniziazione sessuale del regista più sensuale (e pudico) che il cinema abbia mai potuto avere, attraversando i racconti dell’esordio nel mondo del cinema (come disegnatore di didascalie per film muti) dell’autore di capolavori della portata di “Marnie”, “Psycho”, “La donna che visse due volte” ed infine, per l’analisi certosina della sua opera registica.
Impossibile rinunciare ad un tuffo così profondo nell’arte cinematografica, impossibile rinunciare ai racconti del maestro della suspence: “Ero in un treno che andava da Boulogne a Parigi e stavamo attraversando Etaples piuttosto lentamente. Era una domenica pomeriggio; vedevo dal finestrino una grossa fabbrica con un edificio di mattoni rossi e, contro il muro, c’era una giovane coppia; la ragazza e il ragazzo si tenevano a braccetto e il ragazzo pisciava contro il muro; la ragazza non lasciava mai il suo braccio; guardava quello che lui faceva, guardava il treno passare, poi di nuovo il ragazzo. Mi sembrò che quello fosse, veramente, il vero amore “al lavoro”, il vero amore che funziona”.
Pura poesia e chicche imperdibili: come rinunciare mai all’Hitchbook?
Ps. Avreste mai immaginato che la scena dei baci tra Cary Grant e Ingrid Bergman in Notorious, fosse stata ispirata dai due ragazzini francesi?
Autore: Michela Aprea