Portano il loro Virgina sound in giro per il mondo, fin d’ora lo hanno fatto in sordina adesso è il momento decisivo per fare il salto grosso, e i cinque Sons Of Bill ( i fratelli Wilson con Todd Wellons e Seth Green), forti della produzione dell’ex batterista dei Wilco Kev Coomer, se ne escono con Love and logic, un mondo americano sognante, malinconico e tattile che si respira a pieni polmoni, una scosciante visionarietà tutta alt-rock che dilata, pompa, carica e riempie tutto il riempibile.
Disco di ballate, stati riflessivi, viaggi immacolati tra umori di The Band, Uncle Tupelo, Replacement e languori d’anima Big Star, una sferzata agrodolce di brani che permettono di giocare e pensare oltre i limiti dell’immaginazione, come prendere un treno al volo e affacciarsi al finestrino controvento, così da lasciare il proprio corpo sulla pensilina e partire, fuggire con la mente in luoghi e destinazioni da inventare, da costruire con i sogni.
Quarto disco per una formazione che prima o poi emergerà in tutta la sua grazia sabbiosa, dieci brani che si stampano in fronte e ti accompagnano ovunque si voglia, e anche se la formula estetica totale non si scosta dalla classica emozionalità “americana”, rimane una bella sorpresa poetica, una bella spinta per “andare via”.
Il sospiro looner Brand new paradigm, Fishing song, Higher than mine, Light a light, la dolciastra fuga di Bad dancer e il piglio REM che ciondola in Arms of the landslide sono alcuni degli “effetti sinceri” di un album che è pura libertà di vita e d’ascolto.
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autore: Max Sannella