La band di Oxford, costituitasi nel 1988 intorno al chitarrista Andy Bell e al vocalist Mark Gardener, con il batterista Laurence “Loz” Colbert e il bassista Steve Queralt, completa con l’uscita di Interplay la sua rinascita, cominciata nel 2014 dopo dieci anni di scioglimento. Nei primi anni ’90 il loro disco di debutto, Nowhere, li aveva portati a cavalcare lo shoegaze, genere molto in voga in quel momento, per poi arrivare a grande successo di critica e pubblico nel 1996 con Carnival of Light, il terzo disco che seguiva a ruota Going Blank Again del 1992. Scioltisi all’atto dell’uscita di Tarantula, sono ritornati insieme nel 2014, dopo aver dato impulso a band come Tame Impala, Beach House, Slowdive, E creando col produttore Erol Alkan Weather Diaries nel 2017 e subito dopo This Is Not A Safe Place nel 2019.
Una nuova pausa di cinque anni, ed eccoli ora tirare fuori Interplay, che rappresenta sicuramente il loro disco migliore della nuova seconda vita. Uscito a fine marzo per Wichita Recordings / PIAS, il disco è prodotto da Richie Kennedy and mixato da Claudius Mittendorfer, e rappresenta davvero una sintesi di tutta la loro carriera, contenendo suggestioni e riferimenti che vanno dalla new wave (primi Cure, primi Simple Minds, Talk Talk) fino a Tears For Fears, e U2 degli anni ’80.
Il disco si muove in continuità anche tematica con i testi tipici dei Ride: voglia di fuggire, sogni, insoddisfazione della vita attuale, fusa con senso di resilienza e perseveranza. Così racconta Andy Bell: “Questo disco ha richiesto molto tempo, poiché la band ha attraversato diversi periodi alti e bassi. Forse più di qualsiasi altro disco dei Ride. Ma ci ha visto uscire da questo processo in uno stato di grazia, ci siamo gettati via il passato e siamo pronti a celebrare i talenti musicali che combinati insieme ci hanno portati sin qui dall’inizio”.
Del primo singolo, Peace Sign, Andy racconta così: “Lo abbiamo visto nascere nella sessione jam di registrazione nello studio Marks OX4 all’inizio del ’21. Lo chiamammo Berlin e inizialmente prevedeva Loz alle batterie, Steve al basso e io su un synth prophet 5. Le liriche sono state ispirate dal film L’alpinista sul visionario scalatore Marc-André Leclerc”. La canzone, che è anche la track che introduce il disco, parte con una batteria imperiosa, e bassi e synth in grande spolvero, per poi, nel ritornello, esplodere anche in chitarre alla Coldplay. Un singolo ritmato e suadente, ideale per commercializzare il disco, ma non il pezzo più bello né il più iconico della band.
Last Frontier segue, nel suo muoversi al confine fra il post-rock strumentale dei Mogwai e la new wave dei primi Simple Minds, la scia di Peace Sign, per dinamica e ritmi, anche se l’impronta fondamentale del pezzo è in realtà Heroes di Bowie, più che citata (siamo al confine del plagio, forse) in strofa e ritornello.
Ma Light in a Quiet Room comincia a introdurre i pezzi più ricercati: evocando band perse nel mito come Switchfoot e Snow Patrol, qui i vocalizzi ecoizzati del ritornello, accompagnati dal potente basso di Steve, aprono scenari melodici ben noti agli amanti dello shoegaze.
Monaco dà una svolta al disco: qui i Simple Minds di album storici come Empires and Dance o New Gold Dream sono citati esplicitamente, sin dalla batteria elettronica che apre il pezzo: siamo in piena new wave elettronica anni ’80. Monaco è fin qui il pezzo più bello perché coerente e completo, evocante ma senza imitazioni palesi. Si sente che l’album è in crescita quando l’intro di I Came to See the Wreck evoca i Tears for Fears di Shout: e proprio quando la svolta anni ’80 sembra completa, dichiarata, quasi sfacciata, soprattutto con la conclusione potente e epica con esplosione di chitarre e ancora synth, ecco una nuova virata a 180 gradi del disco con Stay Free, che invece è una sorprendente ballata dettata dalla chitarra acustica, che nell’intro potrebbe ricordare qualunque ballad di band hard rock. La canzone non è il capolavoro del disco, per il suo ritmo eccessivamente blando e la sua sostanziale monotonia, ma ha il merito di spezzare ritmo e stravolgere i riferimenti musicali.
Last Night invece riporta il disco alle suggestioni iniziali: in particolare è la canzone gemella di Light in a Quiet Room, ed è in puro stile shoegaze. In altre parole, esprime i Ride al loro massimo livello.
La parte finale del disco, più cupa ed elettronica, è introdotta dal basso potente di Sunrise Chaser, e qui le atmosfere più notturne evocano giustamente i primi Cure, così come ancora tanto basso e tanto ritmo e tanta atmosfera early eighties c’è pure in Midnight Rider.
Portland Rocks è la canzone più debitrice agli U2 di questo disco, almeno nella sua intro. In realtà, scorre emotivamente come un mix di riferimenti, nostalgie, suggestioni sempre rigorosamente ammiccanti alla musica di quaranta anni fa, di cui i Ride celebrano davvero un festival in questo disco.
Le notturne, intime, stupende e quasi strumentali Essaouira, e Yesterday is Just a Song sono l’ennesima virata, in pratica il quarto sottogruppo di canzoni dentro lo stesso disco, intanto perché più giocate sulla musica di sottofondo, di pura atmosfera, che sui ritornelli esplosivi e i vocalizzi e i cori, e sono la degna conclusione di un disco emozionante, che sembra quasi una voluta galleria di quanto di meglio le correnti e gli stili degli anni ’80 e dei primi anni ’90 hanno lasciato in eredità alla musica moderna e attuale.
In conclusione, se l’originalità non è quello che cercate in una band dei tempi attuali, se vi piacciono chitarre ecoizzate, atmosfere sinth e vocalizzi non hard, e anzi amate ascoltare ai giorni nostri suoni, musica e echi di quello stile lontano ormai nel tempo, magari giocando a ricordarvi i rimandi alle vostre band preferite di una volta, i Ride sono la band che fa per voi, e sembrano tornati apposta dall’oblio decennale per esaltare la loro stessa musica di un tempo. In questo, Interplay è un capolavoro e al contempo un catalogo di quella musica. E non lascerà delusi i fan dei Ride e nemmeno chi li ascolta per la prima volta.
I Ride sono attualmente in tour e tra una tappa in Nord America e l’estremo Oriente faranno un unico concerto in Italia il 4 luglio presso l’Artivive Festival a Soliera in provincia di Modena. Poi la band riprenderà il tour a settembre nel Regno Unito e in autunno torano in America del Nord.
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