Alejandro Ghersi alias Arca, ventiquattrenne Venezuelano di base a Londra, è uno dei producer più ricercati del momento, “esploso” agli onori della cronaca grazie alla collaborazioni con Kanye West con il quale ha co-prodotto alcuni brani di “Yeezus”, poi è stata la volta di FKA Twiggs per la quale ha prodotto prima l’EP “EP2” e poi l’osannato “LP1”. Tra una produzione e l’altra il nostro ha trovato l’ispirazione per realizzare il primo LP in proprio.
Xen è un disco complesso, disturbante, affascinante (sin dalla copertina realizzata dal visual artist Jesse Kanda) e coraggioso. La forma canzone è abiurata in favore di brevi bozzetti (solo un paio di brani superano i tre minuti), patchwork di frammenti di idee, colate di pattern gelidi ed abbaglianti, pianoforti ed archi si materializzano senza preavviso, collages di citazioni che si susseguono senza un apparente filo conduttore, sembra, anzi, che Arca si diverta ad accostare estremi opposti in un continuo, schizofrenico, saliscendi sonoro ed emozionale, come a mostrare con disarmante sincerità le contraddizioni, le ambiguità, e le numerose sfaccettature della propria complessa personalità, ma anche la volontà di non restare imprigionato in un personaggio, in un genere o in uno stile.
Formidabile in questo senso il trittico iniziale: “Now you know” è spiazzante, si intuisce una melodia ma la si smarrisce presto distratti da mille suggestioni aliene, “Held apart“ è un dolce interludio per pianoforte, appena screziato, che riporta alla mente certe produzioni di Aphex Twin, “Xen” è vorticosa, pulsante, ambigua, sensuale e scostante.
Il resto del programma non è da meno con poche cadute e tanti picchi: la bellissima “Sisters“, la notturna “Thievery” che non sfigurerebbe in un album di Tricky, la drammatica e dissonante “Family violence“, e poi “Bullet chained” dalle chiare influenze industrial. Non tutte le tracce sono perfettamente a fuoco: alcune idee meritavano di essere sviscerate più a fondo ( “Sad bitch”, “Slit thru”), in altri momenti si fa strada una certa ripetitività (“Fish”, “Tongue”) ed il disco non avrebbe sofferto troppo la perdita di qualche traccia.
Non c’è dubbio, Arca fa centro al primo colpo, piazza un album che suona credibile e riconoscibile e si inserisce prepotentemente nell’elite. Più che giustificato quindi l’hype che circonda Arca, del quale sentiremo parlare molto nei prossimi tempi, saranno molti i “big” che si contenderanno i suoi servigi.
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autore: Giuseppe Bianco