“Piccoli grandi scrigni che si aprono e restituiscono umori, odori e immagini di quel mistico sacro mistero che la tecnologia liquida della nostra contemporaneità ha dissolto in laminate esternazioni artistiche”; con questo incipit, su queste pagine, si era aperta la recensione di “Live in Cuxhaven 1976” dei Can, terzo capitolo delle pubblicazioni live che si andava ad aggiungere a “Live in Brighton” e “Live in Stuttgart”, entrambi del 1975.
Ora lo splendido tris è diventato un magnifico poker con “Live in Paris 1973” (Mute/Future Days/Spoon Records), doppio LP che immortala la performance all’Olympia di Parigi del 12 maggio 1973; sul sito della Mute (https://mute.com/can/live-in-paris-1973, consultato il 20 gennaio 2024) si legge “Live in Paris 1973 finds Can in magical form for a performance recorded at L’Olympia in Paris on 12 May 1973, marking the first of the live series to feature Damo Suzuki on vocals. From 1970-73 the core line up of Irmin Schmidt, Jaki Liebezeit, Michael Karoli, and Holger Czukay were joined by Japanese improviser and vocalist Suzuki. They met after a chance encounter while Suzuki was busking in Munich, and several months after the Paris 1973 performance his wanderlust would take him back on the road”.
Come per i suoi predecessori (di stampa ma non di registrazione) anche il concerto di Parigi “Colpisce al cuore con tutti i suoi atti impuri di una polluzione suonata, registrata e prodotta con una sensibilità ormai dimenticata, ma che non può non far scorrere un fremito di nostalgica gioia per chi è cresciuto attribuendo alla musica un viscerale e totemico valore da fumoso happening sotterraneo”.
Nelle note di copertina è scritto: “A fair portion of the set draws upon tracks from the previous winter’s Ege Bam Yasi”, e partendo quindi da lì, con un’iperbole creativa e accrescitiva, un flusso di coscienza sonoro pervade l’ascoltatore sin dal primo LP che divide sul side A e sul side B, in Part 1 e Part 2, l’oceanica “Paris 73 Eins”, magmatica e densa, in cui la voce (anche narrante e declamante) di Suzuki si fonde ai “tasti” di Irmin Schmidt, alla chitarra ricamante e dialogante di Michael Karoli, al basso di Holger Czukay e alla batteria di Jaki Liebezeit, in un’improvvisazione che abbraccia tempi, visioni e stili … con una eccelsa naturalezza nei cambi di registro da far scuola.
La formula, più che vincente, si ripete anche per il secondo LP che esalta, tra gli echi di “One More Night”, con la splendida “Paris 73 Zwei”, la chitarra di Karoli e il sussurrato di Suzuki.
Il ritmo cambia e si veste di tribalismo nella “Spoon” di “Paris 73 Drei”, fiume in piena che si fa impetuoso e tracimante e chiude il side C.
Sul side D, con la notevole “Paris 73 Vier”, il cui il cantato/parlato di Suzuki si esalta, spicca l’intensa “Vitamin C” di “Paris 73 Fünf”.
Tutto il live si può considerare un unico pantagruelico e multiforme gigante che, partendo da “Ege Bamyasi” (e prendendone spunto), si nutre di estemporaneità e improvvisazione per farsi immensamente “grande”; a rendere ancora più suggestiva l’esperienza la non impeccabile qualità audio (sopratutto se paragonata agli standard di oggi) che però ammanta di un meraviglioso abito underground l’ascolto.
Con serenità d’animo si può dire che la resa dei Can dal vivo, immortalata in queste registrazioni, supera in parte anche la bellezza dei lavori in studio, restituendo un’espressività, intensità e forza unica e che la musica tedesca, nelle sue tante declinazioni, sia stata una delle massime espressione artistiche di quegli anni consegnando alla storia capolavori di caratura massima come “Irrlicht” di Klaus Schulze, “Faust” dei Faust, “Neu!” dei Neu!, “Hosianna Mantra” dei Popol Vuh. …
https://canofficial.bandcamp.com/album/live-in-paris-1973
https://mute.ffm.to/can-lip73
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