Autori di un metal sempre, sistematicamente moderno, i tatuatissimi Papa Roach con questo settimo disco – cui sommiamo un live, una greatest e 6-7 EP… – hanno provato, come vanno spiegando da alcuni mesi nelle interviste – a sintetizzare tutto ciò che nelle varie fasi hanno fatto nella propria carriera, iniziata con la nascita della band immancabilmente al college, nel 1993, poi il treno del nu metal, il contratto con la Dreamworks rec., il rap metal ed il clamoroso ineguagliato triplo disco di platino nel 2000 con l’album intitolato Infest, poi la svolta quando il nu metal andava tramontando, nel 2002, verso l’attuale urlatissimo alternative rock ed i tour nelle arene con Deftones, Eminem, Slipknot, Guns’n’Roses, Iron Maiden, Motorhead, Mastodon, i compagni d’etichetta Mötley Crue ed una carriola di Grammy Awards.
The Connection dunque contiene 13 brani relativamente variegati, dal crossover nu metal di ‘Where did the Angels Go‘ e ‘Still Swingin‘ all’hip-hop di ‘Won’t let Up‘, all’overdose di americanissimo energy alternative pop rock un po’ omologato, di cui citiamo ‘Not that Beautiful‘, ‘Give me back my Life‘, ‘Silence is the Enemy‘ e ‘Wish you never Met Me‘, e poi i liquidi inserti elettronici – il recente singolo ‘Before I Die’, ‘Walking Dead’, l’emo ‘Leader of the Broken Hearts’ – ed una grande dedizione agli anthem urlati da arena rock, in brani che molto spesso sembrano fatti per le soundtrack dei moderni film digitali d’azione e che fanno lo slalom per evitare passaggi e suoni tamarri e quasi sempre ci riescono, soprattutto quando la band riesce a mettere in scena il grande, trascinante pathos di cui è capace.
The Connection ha anche il merito di una giusta durata, intorno ai 45 minuti, e lascia però trapelare un’eccessiva attenzione al mercato, soprattutto a quello teenager americano.
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autore: Fausto Turi