La coerenza e l’etica degli olandesi The Ex ha pochi pari in ambito alt-rock, band che hanno attraversato tre decenni di storia con questa filofofia e attitudine sono soloi Fugazi, i Nomeansno ed i Mission of burma.
Guarda caso tutte band che, come gli anarco-punk olandesi, hanno fatto della coerenza musicale e sociopolitica una bandiera di cui andare fieri. Il confronto con queste band, tuttavia, non è solo per quanto riguarda l’approccio etico, ma lo è anche per affinità ed attitudini musicali.
Gli Ex, infatti, nonostante gli stravolgimenti musicali ed il collasso mondiale della curiosità artistica, sono tra quelle rare, dunque preziose, band che ci fanno capire che nella musica c’è ancora molto da scoprire, dunque, da contaminare.
E già, da anarchici quali sono non prescindono da un approccio cosmopolitico, che è proprio quello che negli anni ha permesso loro di confrontarsi non solo con band come i Sonic Youth o i Tortoise, ma soprattutto di viaggiare in lungo ed in largo l’Africa, suonando anche con un mito del jazz etiope come Getachew Mekuria, con il quale hanno anche pubblicato uno splendido disco.
Gli Ex, anche in questo disco si sono profondamente ispirati al mondo africano, sia per quanto riguarda le sonorità, sia per quanto riguarda i testi, data la loro sensibilità alle lotte per la liberazione dell’uomo da ogni forma di oppressione e schiavitù.
Anche in questo caso, come molto spesso nel passato, gli Ex hanno registrato il disco presso l’Electrical Audio, lo studio di registrazione di Steve Albini ed in due brani compare la tromba del “nostro” Roy Paci, che dà valore aggiunto con il suo ottone particolarmente free ed elefantiaco a due brani. Si tratta del post punk martellante e strutturato su un brano ugandese “Maybe I was” e di “Cold weather”, brano incostante tra sperimentazioni free, marcette asfissianti punk con un finale forsennato che ricorda alcune cose della Mano Negra, dotato di un testo ricco di metafore sul ritorno di tempi bui dal punto di vista sociale e politico.
Fondamentalmente questi nove brani sono strutturati intorno al post punk, cui il gruppo aggiunge parti armoniche ed altre spigolose, in cui il noise è il perno che congiunge la musica del “bianco”, con quella del “nero” africano. “Eoleyo” è, infatti, l’esempio più eclatante di questa loro capacità, è un brano etiope arrangiato in modo circolare ed armonico con una digressione intensa.
Tutti i brani hanno una durata abbastanza lunga, a parte “Life whining” che dura tre minuti e mezzo, tra i cinque ed i sette minuti. È proprio la lunghezza che permette al quartetto olandese di creare scale di ritmo e di gestirlo alternativamente ora in maniera costante, ora freneticamente, grattugiando le chitarre o facendole esplodere in un’orgia rumorista e sempre martellante grazie alla base ritmica che pompa e sostiene le due sei corde.
È arrivato alla fine del 2010, ma “Catch my shoe” è stato uno dei primi cinque dischi dell’anno appena trascorso per il sottoscritto.
Autore: Vittorio Lannutti