László Fogarasi, in arte Yonderboi, è un ragazzo ungherese di 24 anni. Dalla presentazione (a dir poco prolissa… manca giusto l’elenco dei suoi compagni di classe delle elementari!) che ne fa la sua etichetta, apprendiamo che in quanto a gusti musicali, il buon László è parecchio eclettico. Bene.
Il problema è che tutti questi input (dal trip hop al funk, dal pop all’elettronica e all’hip hop, dalla dance al jazz e alle colonne sonore…) Yonderboy non può pensare di riversarli pari-pari nella sua musica, senza una logica apparente.
Realizzare un disco che sfugga alle definizioni di genere è sicuramente – dal punto di vista teorico – un’operazione degna di lode. Il problema è che, nel caso in questione, l’eterogeneità sembra più che altro rispecchiare le idee confuse del suo autore, che ha finito per propinarci un lavoro senza arte né parte.
Grooves fiacchi e chitarre piuttosto anonime, scialbe romanticherie (“Love hides”), dilatazioni di scuola Air (“Even if you are victorious”) e melodie tutt’altro che memorabili sono gli ingredienti di un polpettone alquanto indigesto.
E’ un peccato, perché il disco non manca di spunti interessanti (le tentazioni black di “Follow me home”, il downbeat cupo di “Before you snap”, la bella “All we go to hell”, con cori di bambini immersi in sinistre atmosfere dai toni dark, e beat incalzanti intrecciati con un malinconico violino).
Ora non mi venite a dire che la bellezza del disco sta proprio nella sua varietà di stili e linguaggi, per favore. A me pare evidente che il ragazzo sia ancora alla ricerca della sua strada. Quando si sarà deciso, noi saremo ben lieti di ascoltare quello che avrà da raccontarci…
Autore: Daniele Lama