Toy Story3 per bambini? No, orwelliano
I giocattoli prendono il peggio degli esseri umani. Chiunque ne viene a contatto si guasta. Come ne “La fattoria degli animali” di Orwell anatre, cavalli, porci creavano un sistema totalitario sovietico così nel colorato e ridente asilo nido i “toys” giocano all’apartheid. Roba da umani, troppo umani. Un messaggio coraggioso e tutt’altro per bambini, magnifica Toy Story 3, forse uno dei più riusciti prodotti animati della Pixar. La casa dei sogni con i creativi in camicia hawaiana e gatorade, che John Lasseter sta guidando alla supremazia planetaria. Scettro che un tempo apparteneva alla Disney Pictures, a corto di idee da quando il mondo s’è digitalizzato (a parte sborsare miliardi per comprarsi, guarda un po’…la Pixar).
Siamo di fronte a uno dei rari casi in cui la terza puntata supera anche le prime due, laddove in genere tutti s’impantanano. Non parliamo del 3D. Quello dopo un quarto d’ora te lo scordi proprio. Parentesi: il 3d mi puzza, così com’è, di boiata, un affare solo per i produttori di occhialini. Resta una cinetecnologia anni Sessanta, il salto di qualità è minimo, praticamente nullo. Il “brivido” tridimensionale dei film visti di quest’anno è leggerino. A parte la buona resa di un ottimo remake come “Christmas Carol” di Zemeckis. Quando un aereo, un treno, un’astronave, un deltaplano, un pallone di cuoio ci piomberanno in faccia (facendoci, perché no, pure il solletico) saraà plausibile parlare di 3D anni Duemila. Una tirata sul treddì utile per ribadire che in Toy Story gli effetti speciali ci interessano assai poco. E’ il racconto ad incantare e poi a commuovere (ho testimonianza diretta di uomini grandi e grossi che hanno versato qualche lacrimuccia mentre i figli piccoli se la ridacchiavano).
I nostri eroi di plastica e spugna ricordano le marionette di “Che cosa sono le nuvole” di Pasolini. Il loro destino è essere traditi dagli anni che passano, e morire della peggior morte, l’oblio. Si battono per stordire l’oblio, vengono ridotti in schiavitù, gommosamente risorgono. Capaci, come i Simpson, di mostrarsi a strati. La prima lettura, ludica, è per i bambini. La seconda, più “drammaturgica”, avvince (in potenza) teenager, ventenni, trentenni e così via. Tocca corde emozionali che accomunano tutti perché tutti abbiamo custodito i giocattoli e i giochi preferiti, strapazzati in un micromondo di avventure colorate dalla fantasia. Che bel film, superiore all’ultimo “Shrek” e ad “Up” che pure sembrava difficilmente superabile nell’immediato. Corro in soffitta (anzi in garage) a salutare i miei compagni di giochi anzi a controllare che non siano finiti nello Stir di Caivano.
Ps. La ciliegina è il cartoon che, da tradizione, precede il film: geniale. Il giorno con le sue meraviglie contro la notte e le sue stelle; e poi ancora la notte contro il giorno. Altro che Inter-Roma.
Autore: Alessandro Chetta