Non è tempo di rivoluzioni in casa Oldham, non è a queste latitudini che si abbattono statue, si spodestano dittatori o più semplicemente si sperimentano beat elettronici, vocoder o altre diavolerie.
Anche dopo nove album, il barbuto songwriter di Louisville vive di certezze inattaccabili dal tempo e dalle mode, proprio come il suo country-folk, delicato e intimista, classico nelle sue sonorità, quasi fragile nelle sue atmosfere che si reggono esclusivamente sugli intrecci acustici di chitarra, basso, mandolino e percussioni.
“Wolfroy Goes to Town” è un album ispirato e profondo, che si pone sulla scia degli album precedenti, ma con punte di poesia e lirismo che ci riportano immediatamente tra le vette artistiche del suo capolavoro “I see a darkness“.
“No match“, classicissima traccia d’apertura e immediata dichiarazione d’intenti, si posiziona in una geografia musicale immaginaria, esattamente al centro di un fiume che scorre tra New Orleans e Nashville, azzerando distanze e culture, contaminando stili e mondi nemmeno troppo lontani tra di loro.
“New Whaling” invece, con la sua cadenza ipnotica e il perfetto controcanto di Angel Olson, si pone in un territorio intriso di sonorità sicuramente molto vicine al new-folk di intrepreti come Jason Molina e Bon Iver.
Suggestiva e per certi versi sorprendente è la chitarra spagnola che s’insinua negli arpeggi di “Time to be clear“, massima rivoluzione che il nostro Oldham concede al suo sound, mentre l’intimismo carico di armonia e dolcezza di “New Tibet“, con la voce della Olson ancora a fare da contrappunto perfetto e indispensabile a quella di Bonnie Prince Billy, è sicuramente uno dei punti più alti di tutto l’ album.
La grazia di un classicismo imbevuto di melodie agrodolci, talvolta ruvide e aspre, altre volte armoniose e quasi sacrali, è il fil rouge che intreccia la dolcissima “We are Unhappy” alla scarna “There will be spring“, passando per il country di “Quail and dumplings” e la quiete quasi struggente di “Cows“.
Raffinato e prezioso, profondo ma mai cupo, “Wolfroy goes to town” appartiene senza dubbio alla galleria di quegli album che nascono già classici, che provengono da un tempo lontano e atavico, come se una macchina del tempo, guidata a turno da Gram Parson e Johnny Cash, fosse transitata nelle nostre strade lasciandoci in dono polvere, sogni e questo piccolo gioiello.
Bonnie Prince Billy – We Are Unhappy by Sovaié
Autore: Alfonso Posillipo