“Wua chist’ ha vint’ l’Oscar, e allora Frankie?”. Questo il commento deluso di un mio conterraneo su “No Country For Old Man”, formulato nel cesso del Multiplex. Quel Frankie è il signor Lucas, protagonista del film American Gangster, snobbato dall’Academy salvo una nomination per un ruolo secondario. Il film dei Coen è forse l’unico, vincitore della statuetta di Miglior Film, ad aver un numero così limitato di pagine di script. Poche pagine e riempite da ampi passi estratti quasi integralmente dall’omonimo romanzo di McCarthy. Il risultato degli Oscar premia inaspettatamente una storia priva di momenti topici proprio perché ne ha uno ad ogni inquadratura. Colpo di scena per colpo di scena, la pellicola termina in quella (non)fine onirica che è il racconto di Tom Lee Jones. Incassi generosi in tutto il mondo, più che per ogni altro loro lavoro.
Questa strana scia porta ad una altro caso di weirdness coeniana, il loro “Burn After Reading” costato sui 37 milioni di dollari, coperti e superati dall’incasso statunitense di 60 (più i 65 racimolati in giro per il mondo). Su Imdb.com impazzano i forum spartiti in pro e contro i fratelli di Minneapolis. Un utente che si era espresso contro Burn After Reading, sconsigliandone vivamente la visione, deve incassare la risposta del fan sfegatato : chi non lo capisce ha un QI basso. Controrisposta di un altro che accusa i supporter dei Coen di utilizzare l’arma dell’intelligenza contro i “dissidenti” come quelli di Spike Lee usano l’arma del razzismo. Un forumista adirato rivede il titolo nel comico “Burn After Seeing”, qualcun’altro ipotizza buste paga occulte per i critici favorevoli alla pellicola, un altro ancora è felice che fosse il turno per la ragazza di pagare il biglietto altrimenti si sarebbe arrabbiato. Intanto i Coen perpetuano la scia, iniziata con No Country for Old Man, di film che non si possono commentare del tutto. Ora che rileggo qualche messaggio del forum Imdb scopro la risposta illuminata di uno che si scaglia contro chi sostiene l’inconfutabile bellezza di NCFOM : se non ci fossero differenze di pensiero, non esisterebbero le corse dei cavalli.
Ritornando a Burn After Reading, l’impressione è che sia stato fatto apposta dopo un successo planetario giocando però di contropiede, facendone finalmente un film del tutto “assurdo”. Non più il classico deadpan (non più il far ridire non ridendo per mezzo di uno stile comico inespressivo), sporcato dalla scoperta progettualità di genere. Commedia per il Big Lebowski, Noir per “L’uomo che non c’era” (forse uno dei meno riusciti proprio per l’evidenza del citazionismo fotografato in bianco e nero). Burn After Reading è anche un po’ “Fargo”, premessa delle vittorie coeniane agli Oscar con la statuetta per la sceneggiatura, che però non si avvitava su se stesso con tale compiutezza, rimanendo quindi un affresco di personaggi. Ora non c’è più denuncia arguta del reale o almeno non è solo lì il “senso”, ciò che è passibile di disamina critica è un nonnulla. In ogni caso l’assenza di significato è segnalata da inquadrature che nessun operatore può compiere, dei dolly astrali calati da altezza inumane ( l’occhio di Dio?), infine la circolarità del racconto che si apre e si chiude nei freddi corridoi della Cia quasi a voler indicare un ritorno, a consigliare una interpretazione dominante da poter applicare alla storia.
Autore: Roberto Urbani