“La musica può essere contemporaneamente pop e sperimentale”: così Tom Smith, carismatico e incontrastato leader della band, presenta In Dream, l’atteso quinto album degli Editors, pubblicato il 2 ottobre per PIAS/Cooperative.
Il disco è stato registrato e autoprodotto a Crear, nelle Western Highlands scozzesi, lontana dalle strade e raggiungibile solo attraverso sentiero sterrato. La località pare sia stata selta apposta per isolare la band, in modo da restare concentrati sulla struttura delle canzoni. In poco tempo, l’effetto Highlands e la vista dell’Atlantico hanno portato la band a chiudere il disco lì dove era iniziato, tutto nella stessa città.
Tuttavia, non v’è traccia del folk delle brughiere o di cornamuse nelle canzoni del disco (se non forse, un’eco alla lontana nel misticismo di At All Cost): i dieci pezzi sembrano al primo ascolto una part two di In This Light and On This Evening, il terzo disco un po’ freak della band con il quale passarono improvvisamente dal rock a chitarre sguainate all’elettronica pura stile anni ’80.
Lo sembrano, dicevamo, ma non è così: l’impianto elettro c’è, ma stavolta è funzionale a una scelta più intimista, più essenzialista e minimale, con meno dinamica e meno esplosione di quanto non ascoltato per esempio nella famosissima Papillon.
Eclatante, in questo senso, la scelta di No Harm come primo singolo: la canzone più lenta e meno ritmata degli Editors in assoluto vuole essere il pezzo di lancio del disco. Ricorda, di fatto, l’intro di In This Light and on This Evening, ma a differenza di quel memorabile pezzo, questa non esplode mai.
Tutto il disco si divide in realtà tra pezzi assolutamente New Wave, che più New Wave non ce n’è, per i quali gli Editors anche in passato sono stati paragonati giustamente a New Order e Simple Minds (Life is a Fear, il secondo splendido singolo, Ocean of Night, All the Kings) o Depeche Mode prima maniera (Our Love), e pezzi più intimi e lenti (Salvation, No Harm, At All Cost, The Law), che sono quelli che oggettivamente sorprendono di più, lasciando talora anche perplessi.
Perché infatti una band capace di scrivere pezzi memorabili di stile epic rock, come A Ton of Love, Bullets o Smokers Outside the Hospital Doors, decida già per la seconda volta di lasciar andare questa strada maestra per esplorare sentieri molto più difficili e lontani dalla loro natura rock resta non chiaro. Con In This Light dissero che volevano fare qualcosa di nuovo, per sperimentare. Ma ora? Dopo che l’esperimento chiaramente non era riuscito, e gli Editors avevano saputo rapidamente ritrovare la strada del loro talento con lo splendido The Weight of Love, perché riprovarci, visto che chiaramente non è questo il lato migliore dello stile Editors?
Tanto di cappello, comunque, a Tom Smith, Russell Leetch, Ed Lay, Justin Lockey e Elliott Williams, e alla loro voglia di non stare mai fermi e di non volersi fossilizzare: questo gli fa onore, così come già nel 2009. Però i difetti ci sono, soprattutto considerando che molti pezzi si salvano grazie alla voce incredibile di Tom Smith, che renderebbe epica intensa e mistica persino una ninna-nanna. Alla voce, come se non bastasse, il disco registra anche la partecipazione di Rachel Goswell degli Slowdive, che canta con Tom Smith in Ocean Of Night, The Law, e At All Cost.
Però, questo è anche un difetto del disco: troppa voce, e poco altro. Mancano le chitarre dal sound acutissimo così tipicamente Editors, manca il ritmo, la batteria, la dinamica, a parte pezzi come Life is a Fear e l’ultima, bellissima Marching Orders, che forse è l’unica canzone stile classico Editors presente nel disco (mentre Forgiveness e Salvation sono gli unici pezzi che ricordano da vicino i già tentati esperimenti esperimenti sonori di In This Light).
E c’è anche un altro alone: che nei pezzi più belli, più melodici e ariosi, ci si avvicini pericolosamente agli ultimi Coldplay. Qualcosa infatti in Marching Orders o in All the Kings li ricorda, e non è un bene.
Complessivamente, il disco è apprezzabile, e i più lo troveranno parecchio orecchiabile (decisamente più pop che sperimentale, per rispondere a Tom Smith): resta una parte dark, che gli stessi Editors riconoscono e anzi valorizzano. E’ Tom a dichiarare infatti che “per noi un disco deve sempre avere una parte dark: una canzone non deve essere necessariamente struggente o malinconica per esserlo, tutti infatti abbiamo un lato dark nel nostro carattere”. Sicuramente No Harm, Salvation, e soprattutto The Law rappresentano questa parte dark e un po’ più musicalmente evoluta, ma restiamo pur sempre nell’ambito di un pop raffinato.
Insomma il disco è di buon livello, ma il fatto è che si tratta degli Editors: dai campioni della rinascita New Wave degli ultimi dieci anni, da coloro che in assoluto sono una delle band ormai mainstream più acclamate e qualitativamente dotate, ci si aspetta decisamente di più, anche perché “viziati” dall’ottima fattura dei dischi storici quali An End has a Start e The Back Room, a cui si è aggiunto due anni fa The Weight of Love, per non parlare degli inediti e lati B con cui in questi anni ci hanno davvero deliziato.
I fans italiani avranno un’unica occasione, il 28 novembre al Paladozza a Bologna, per capire se si tratta di una involuzione o di una (nuova) parentesi rispetto al loro brillante cammino: i live infatti sono sempre stati il loro cavallo di battaglia, e forse anche i pezzi di questo ultimo In Dream, decisamente più statici, possono riuscire bene se interlacciati con i grandi classici rock come Racing Rats, Bones, Munich, Blood, Bullets, A Ton of Love. E’ lecito attendersi, insomma, un grande spettacolo da una band che ormai ha anche un valido repertorio da offrire per esaltare ancor di più la splendida resa live. Attendiamo fiduciosi, biglietto alla mano!
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autore: Francesco Postiglione
TRACKLIST
1. No Harm
2. Ocean of Night
3. Forgiveness
4. Salvation
5. Life Is a Fear
6. The Law
7. Our Love
8. All the Kings
9. At All Cost
10. Marching Orders