Sul dancefloor qualcosa si rompe. Un synth che perseguita ed esaspera, acido come non mai. Commento di un ascoltatore anglofono sulla iniziale ‘Woo Bost’: ‘’Suona’ più sporca di una puttana di 60 anni con l’HIV’. Ma è solo puro divertissement, sghembo, electro retrofuturista a testimonianza di un mondo dopo i Daft Punk. Dance quindi.
Poi, come se fosse un altro disco, entra ‘Hold on’, quelle stranianti luci fluo si attutiscono e ci si ritrova persi nella raffinata eleganza della voce di Amber Coffman, reginetta indie-rock dai Dirty Projectors.
Se vi piaceva ‘One Pure Tought’ degli Hot Chip, cioè atmosfera metropolitana, notturna, auto che sfreccia veloce e vento in faccia verso le stroboscopiche alcooliche del sabato sera, allora il discorso per voi si fa interessante. Nell’universo ‘dancefloor’ la figura del dj/produttore o musicista/entertainer è quella che emerge e se anche in altre ‘scene’ esistono figure trasversali, fatte poche eccezioni, esse si spostano lungo un’asse i cui estremi sono ben definiti e contigui; nella dance invece cadono le barriere estetico/concettuali: se il groove tira, tira!
La dance è dunque per sua natura democratica, riesce ad allineare la popstar più illuminata e l’elettronica più illuminante; salti incondizionati e fantasie spinte non sono oggetto di saccenti critiche, anzi, ne esaltano le virtù. Da questo ne deriva che la musica più innovativa e disposta a sperimentare degli ultimi anni è la dance. Che poi esista sempre un mercato dietro in grado di spronare e spingere con i suoi budget a certi risultati poco inficia, poiché il mercato c’è sempre ed ovunque, e poi un certo spirito libertario e felicemente anarcoide non può che essere il propellente di chi si appresta a divertirsi e voler far divertire.
Diplo è una figura che ben rappresenta questo spirito e la sua label Mad Decent tiene a battesimo il debutto di chi questo spirito lo rappresenta ancora meglio, il giovane e scaltro Rusko (Christopher Mercer).
Una plasticosa oretta di maliziosi vocoder che neanche i Daft Punk (‘Raver Spesh’, ‘Dial My Number’), ruffianerie ragga esponenziali (‘Rubadub Shakedown’ con il dub mc Rod Azlan ), dub e dubstep all’opposto di quello oscuro e terzomondista di Burial, fintezze analogiche, catchy glitch e, naturalmente, battiti house interrotti da appiccicosità varie che vi sembrerà di essere nel 1987 (‘Kumon Kumon’, ‘My Mouth’).
Collaborano perfino i nostrani osannatissimi Crookers…insomma!!! Escludendo le ortodossie minimal anticommerciali a tutti i costi, è questa la moderna dance-music, piaccia o meno.
Ci si butti acriticamente, spensierati e con fiducia in pista per questo ultimo scampolo d’estate: molto presto arriverà il freddo anche se non ci credete e ve ne pentirete di non averlo fatto. Ho volutamente omesso fin ora i rapporti di Rusko con Britney Spears e M.I.A. ma solo perchè confido nell’onestà intellettuale della mia dissertazione e, soprattutto, nella vostra.
Autore: A.Giulio Magliulo