Architetture d’assalto, scenografie, armi bianche. Neon. Bassi, elettronica. Dance. Luci. Una griglia mobile luminosa delimita il palco. Pulsazioni attraversano la massa di persone che inizia a lasciarsi attraversare dai sussulti. La squadra è in tiro e imbastisce la guerriglia, orchestrata sulla linea sonora dell’ultimo lavoro: “La glaciazione”. I ricordi sono flash. Come le parole. Non c’è tempo. Samuel segue le battute potenti e declama. Il gruppo si dimena senza sosta. Le luci sono parte dello spettacolo. “Piombo” è deflagrante. Inizia il monito, un lungo discorso dance che sedimenta. “L’eclissi”. “Cane nero”. “L’ultima risposta”. Qualcosa di profondo resta evidente anche durante il massimo acme della festa. Ben iscritto nei pezzi dell’album venuto dal freddo, dal cuore bianco della dance. Certo, “Tutti i miei sbagli” è un delirio, come “Disco labirinto”, come “Colpo di pistola”, classici da sussulto. Che dal vivo non ammettono ragioni. I suoni agguantano, stringono e coinvolgono, nonostante l’acustica eco-eco da legno vivo. Ma il Palasele gongola, anche se non c’è il tutto esaurito. Freddo e sudore. Il limite è il solito: sono le canzoni, a tratti simili nello sviluppo e nell’evoluzione. Ma l’alba non è lontana. È solo nascosta nella chiusura di “Stagno”, pezzo memorabile che già fungeva da sipario intenso e sospeso alla glaciazione. Sottile brina che scioglie gli spigoli abbacinando forme di psichedelia in evoluzione.
Autore: Alfonso Tramontano Guerritore
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