L’arte è quella cosa che puntualmente tentiamo di interpretare. La musica? Altrettanto, of course. E’ quanto afferma il principino Mike Ladd nel virgolettato delle info allegate al cd. Per la precisione dice – in sintesi – che un brano musicale per metà viene sognato dalle strane ellissi creative di chi lo scrive/assembla/arrangia, per l’altra metà tocca a quanti ascoltano darsi da fare a “costruire” l’identità della composizione. Condivisibile no?
Il disco tuona e più che interpretare c’è da psicanalizzare 11 pezzi che a fatica si riducono ad un solo esponente. Comunque non se ne può parlar male. Al sottoscritto l’ha raccomandato il chiarissimo Gerardo Ancora, e quando parla “Socrate” Gerardo (in redazione) è cassazione.
Pogate, ballate, ma anche sorseggiate, fumate, baciate la prima che passa. “Nostalgiator” (che buffo nome) scorre via alla maniera di una discreta serie di cortometraggi sonori, cangianti e circospetti. La sola copertina è un buon viatico per cominciare il viaggio di Ladd. Vi è effigiato un carrarmato che sembra (s)composto da Frank Gehry (l’architetto del Guggenheim sul quale pattinava per finta Megan Gale in una pubblicità canaglia). Aggrovigliato di bile sonora, ‘sto tank spara bordate fatgroove, potenti come i beat obesi di Dizzee Rascal, sguaiate e ammiccanti nella voce che ci parla sopra, filtrata. Questo era “Trouble Shot”. Basta approdare poi a “Housewives at play”, – un titolo che di bellico conserva forse qualcosa – per salutare l’altra faccia della guerra. La pace? No, l’happy hour, che tradotto vuol dire suonino a mò di bollicine che pizzicano i timpani.
“Black Orientalist”, traccia 4: refrain alla Dog Eat Dog con la raucedine e batteria stirata su tematiche sempre in scala grosso beat. “Wild Out Day” è furente, “Off to Mars” è l’esatto contrario: electrojazz, chiaramente, suonato di notte.
Si finisce con una voce alla Tom Waits (“Sail Away Ladies”) che racconta una storia che non capiremo e che, pertanto, proveremo a fare nostra come meglio ci garba. Del resto, ci aveva rassicurato Mike Ladd, noi ascoltatori siamo l’altra metà del cielo.
Autore: Sandro Chetta