Reduci da centinaia di milioni di stream attraverso album come Keep On Your Mean Side (2003), No Wow (2005), Midnight Boom (2008) e Blood Pressures (2011), forti del successo di Ash & Ice (2016), acclamato dalla critica d’oltreoceano come “un disco ambizioso che racchiude tutto ciò che hanno fatto in precedenza”, mentre quella inglese l’ha descritto come un “highlight della carriera”, ritornati alle origini con la pubblicazione di b-sides in Little Bastards (2020), con l’inedito Raise Me, e con una ristampa di No Wow (The Tchad Blake Mixes) nel 2022, oggi i The Kills pubblicano il loro sesto album in studio, disponibile via Domino.
Le 12 tracce di God Games si presentano come la manifestazione della caratteristica spavalderia seduttiva del duo composto da Alison Mosshart e Jamie Hince, che arriva qui fino a essere musicalmente “arrogante”, dato che il disco ammicca al sound trip hop pesantemente con pezzi ipnotici e molto elettronici, e il classico ritmo lento-lobotomico del genere. Il doppio singolo New York/LA Hex, ne é il massimo esempio: New York è un pezzo più vicino al loro standard, pieno di chitarra graffiante che produce riff seduttivi su cui altrettanto suademente la voce di Alison si staglia.
Laddove LA Hex è precisamente un brano trip-hop, la cui lentezza vuole focalizzare il suo sguardo sulle realtà emotive e interpersonali della vita moderna a Los Angeles, mentre il terzo e attuale singolo 103 (si intende: gradi Fahrenheit) usa la lentezza per mettere in luce un tema ambientalista: l’inabitabilità scoraggiante di alcune zone della terra devastate dal calore, e lo fa attraverso la lente di un’oscura e contorta canzone d’amore: Mosshart canta testi taglienti come “stick with me under the last palm tree / and sip a little water from the dirty fountain meant to be / the sum of it all stick with me under the last palm tree / and sip a little water from the dirty fountain meant to be / the sum of it all.” Il video di 103, girato dallo storico fotografo di rock e moda e pioniere del metaverso Steven Sebring, in uno studio cinematografico 3D costruito su misura, vede i Kills sotto il bagliore di un sole rabbioso e imponente, vestiti con occhiali abbronzanti e occhiali da eclissi solare, con tute riflettenti abbinate, mentre cantano e suonano sotto un sole da fine del mondo.
La coppia in God Games presenta molte novità ai suoi fan: al ritmo e ispirazione di fine anni 90 di di brani come quelli citati ma anche Blank, Bullet Sound e Better Days, alterna pezzi decisamente più movimentati come New York e Kingdom Come e God Games, ma soprattutto Wasterpiece, forse il capolavoro del disco, incentrato su sonorità che sono debitrici sia dei Depeche Mode di Playing the Angel che dei Placebo (con cui Alison Mosshart peraltro collaborò nel loro disco più oscuro, Meds).
Il duo ha anche deciso di allargare i confini della loro produzione artistica mettendosi a scrivere da nuove prospettive. Alison ha scritto i pezzi principalmente al pianoforte, incorporando innovative tessiture elettroniche, partendo dall’idea di fare un side project, che man mano, come lei dichiara, venivano sempre più su come un disco dei Kills. Entrambi hanno scritto il disco durante la pandemia, una occasione non soltanto negativa, visto che, dice Alison, “C’era un punto nel tempo morto in cui la strada della creatività si apriva improvvisamente. Puoi provare nuove cose che non avresti potuto fare un un tempo più ristretto. Volevo scrivere da una prospettiva diversa. Ho cominciato dunque alcuni demo con tastiere e tromba”.
Mentre Jamie ricorda che “volevo scrivere un disco su una spiritualità senza Dio. Nella vita reale sono un ateo. Creativamente, mi piace molto giocare con i pensieri su Dio”.
Ne è venuto fuori un gioiello di strana fattezza, rispetto ai dischi precedenti, impreziosito dalla collaborazione con il Compton Kidz Club Choir in LA Hex e nella seduttiva My Girls My Girls. La scrittura è iniziata nel 2019 e il duo si è accampato in una vecchia chiesa per registrare l’album con il produttore Paul Epworth (Adele, Paul McCartney), vincitore di premi Oscar e Grammy, che è stato il loro primo fonico nel 2002.
Il disco è quasi sempre oscuro, enigmatico, cupo, incentrato su atmosfere dark e industrial date da New York, Going to Heaven, Wasterpiece, Kingdom Come, salvo pezzi solari come My Girls o la ballata alla fine del mondo di 103, che rimane comunque romantica, (sorprendentemente romantica è anche Blank) o l’andamento quasi soul -blues, altra sfida riuscita di questo disco, di Love and Tenderness o di God Games, mentre più propriamente trip-hop sono LA Hex i due ultimi pezzi del disco, forse i meno riusciti, Bullet Sound e Better Days, comunque sorprendenti e seduttivi.
Complessivamente, il disco sembra sia un unico costante tentativo di seduzione con cui la incredibile e multiforme e astuta voce di Alison cerca di trattenerti in un’altra dimensione, oscura ma suggestiva. Decisamente un capitolo riuscito di un duo che ad ogni produzione cerca di rinnovarsi e sorprendere, se stessi prima ancora che i fan.
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