Dopo aver tanto peregrinato, viaggiato, sperimentato il cantautore modenese torna a concentrarsi su se stesso e sui suoi sentimenti. “Da solo” è un album cosparso di tanta malinconia, cosa cui Capossela ci ha abituati, ma questa volta lo fa anche in maniera più o meno festante, vedi il raga, pre-charleston di “Una giornata perfetta”. Malaccompagnato da uno stuolo di vecchi e nuovi amici, tra i primi troviamo Glauco Zuppiroli, Zeno De Rossi e Pascal Comelade, mentre tra i secondi i Calexico, che qua ricambiano il favore della partecipazione di Capossela al loro ultimo disco. Speriamo che questo legame serva al nostro ad aprirsi una strada per il mercato Usa. In “Da solo” Capossela ha lasciato le chitarre cui si era appassionato negli ultimi due dischi in studio, per tornare a concentrarsi sulle tastiere, usando molti tipi di pianoforti, rari, vecchi e abbandonati e, infatti, in questo disco, per la prima volta da “Il ballo di San Vito” non compare tra i musicisti Marc Ribot. In oltre settanta minuti di musica il cantautore lucano mette a nudo la sua emotività, non tralasciando il suo bambino interiore , vedi la lenta ballata circense “Il gigante e il mago” e la filastrocca ironica de “Il paradiso dei calzini”, e raggiungendo l’apice in “Orfani ora”. A parere del sottoscritto è il brano migliore dell’album e uno dei migliori di sempre del nostro. “Orfani ora” fa tornare alla mente “Ultimo amore” di “Modì”, il testo è particolarmente toccante ed emozionante con un arrangiamento perfetto, adeguato, che segue il ritmo un testo che va oltre il romanticismo. Il brano che rappresenta maggiormente il modo in cui si è riavvolto su sé stesso è la profonda “Parla piano”, mentre ne “La faccia della terra”, con i Calexico, crea atmosfere messicaneggianti; Capossela da sfogo alla sua fantasia con una storia tra il folk ed il mistico. Il disco è stato registrato negli Usa e allora Vinicio prova ad omaggiare lo stato che lo ha ospitato con “Vetri appannati d’America”, dove emerge la malinconia del dopo festa, brano che rispecchia perfettamente la crisi che stanno vivendo gli Usa. Capossela è molto probabilmente un cattolico disertore, non a caso ha scritto l’avvolgente, delicata e malinconica “Sante Nicola” e, soprattutto, “Non c’è disaccordo nel cielo”, che ha una stretta continuità con “Ovunque proteggi”. Se in quest’ultima Vinicio si esprimeva con una preghiera laica, in “Non c’è disaccordo nel cielo” si è riappacificato con il suo senso religioso e con la spiritualità, trovando una serenità nel credere che esista un al di là. La grandezza di questo cantautore, l’unico vero grande erede della tradizione italiana, è senza dubbio la libertà di esprimersi sempre come vuole e con la massima libertà, preoccupandosi non di essere particolarmente appetibile, ma solo di lasciarsi andare a se stesso, avendo sempre il coraggio di mettersi a nudo.
Autore: Vittorio Lannutti