Ogni volta che ascolto le composizioni di Uwe Shmidt, mi piace pensare che quest’uomo viva in funzione ed in simbiosi perenne con la musica. Seguire le sue uscite discografiche resta un’impresa titanica, che letteralmente chiude le porte ai collezionisti, ai feticisti, agli scaricatori di porto e di mp3, ai malati di discografie e quant’altro. In ogni sua uscita, tacitamente il n(m)ostro Uwe si presenta, forte della sua lunga carriera, con almeno un centinaio di personalissime release, più progetti, collaborazioni e pseudonimi quali Atom Heart, AtomTM, Lisa Carbon Trio, Dots, Flextone, Midisport, Lassigue Bendthaus, DOS Tracks, Flanger, Datacide, Ongaku, Geeez ‘N’ Gosh, Masters of Psychedelic Ambiance che tutti noi ehm… naturalmente conosciamo. Qualcuno può pensare che Uwe sia una sorta di Teo Teocoli dell’elettronica, un pagliaccio della musica, invece Shmidt da Francoforte è un musicista coerente, capace e deciso nelle svolte e a mutazioni radicali degli scenari musicali che propone, verso e attraverso ogni sfaccettatura ritenuta opportuna, in maniera scrupolosa e con cognizione di causa.
In passato ho avuto da recriminare sul fatto che Senor Coconut and his Orchestra fossero un po’ troppo freddi e precisi, troppo accademici al cospetto delle sonorità che invece propongono. In “Yellow fever”, al contrario, trovo una maggiore consapevolezza ed una maggiore unione e sintonia tra i musicisti, provenienti da diverse regioni della terra, molto di più rispetto al passato. Il risultato è un disco che questa volta riprende gli Yellow Magic Orchestra, fortemente personalizzati, editati e trattati come già successo per i Kraftwerk nel 2000, ma con la forza di chi nuota in un fiume controcorrente. “Yellow fever” è una prova di carattere, un obiettivo raggiunto, la riuscita di un progetto, ma non una forzatura; in assenza di un feedback mai avrei pensato alla banda Sakamoto.
Mi convinco a sondare un po’ il territorio e mi accorgo che Senor Coconut è il personaggio, il progetto di Uwe, che attira maggiore curiosità, maggiore scetticismo o discordanza d’opinioni, ma che continuamente acquisisce consensi, album dopo album: “El Gran Baile”, “El Baile Aleman”, “Fiesta Songs”. Questa volta c’è pure tanto cantato in inglese e nella cospicua orchestrina si aggiungono anche ospiti d’onore: oltre al ritorno della voce di Argenis Brito sono presenti Ryuichi Sakamoto, Jorge Gonzalez, Akufen, Yukihiro Takahashi, Towa Tei, Mouse on Mars, Burnt Friedman, Haruomi Hosono, Costanza Martinez, Dandy Jack, Schneider TM e Lisa Carbon, tutti galvanizzati dalla febbre gialla, tutti a contribuire e ballare tra i groove (?) del cha cha, mambo, salsa, rumba, merengue ecc., tutti a sancire sia l’attendibilità del signor noce di cocco sia lo spirito positivo del progetto. Poi date definizioni a vostro piacimento, electrolatino, latin style, elexotica ecc. ecc. ma tenete solamente a mente le parole di Uwe: “Coconut is ………. But fun”!
Autore: Luigi Ferrara