Che i The Orb nutrissero un forte “interesse” nei confronti dei Pink Floyd lo testimoniano le numerose “dichiarazioni animali”, anche “caricaturali”, che hanno accompagnato la parte grafica della loro attività musicale, partendo dal disco d’esordio “The Orb’s Adventures Beyond the Ultraworld”, passando per “Live 93”, per “The Orb’s Further Adventures Live 2016”, fino a giungere, nel 2023, giusto a mezzo secolo dall’uscita di “The Dark Side Of The Moon”, alla pubblicazione di “Prism” la cui copertina ne è nuovamente un (non)celato rimando; una “strana relazione” questa che è poi convolata a nozze quando nel 2010 fu ufficializzata la collaborazione tra loro e David Gilmour per il disco “Metallic Spheres”.
E così, dopo tredici anni da quella “storica” (per gli appassionati e cultori degli artisti coinvolti) pubblicazione vede una nuovi “colori” come “Metallic Spheres in Colour” (Columbia, Legacy, Sony); il perché di questa operazione di “restyiling” la dà lo stesso produttore Martin ‘Youth‘ Glover: ‘The idea for Metallic Spheres In Colour, was that Alex Paterson (founder of The Orb) could have done more on the first version, and he didn’t really have the opportunity because we had a philosophy of making the music like the Blade Runner soundtrack meets Wish You Were Here. So, I asked him why don’t we remix it and make it like an Orb classic? And in doing that, it’s almost like a completely different album.’ (si apprende dal sito ufficiale di David Gilmour).
Dunque, ora sommando gli addendi di quello che fu disco del 2010 e della nuova versione del 2023, ora sottraendone i termini, il risultato sostanzialmente non cambia, continuando a mostrare il lavoro, seppur nel suo godibile ascolto, nel suo complesso, più limiti che pregi, sopratutto in relazione all’apporto fornito da David Gilmour.
Giova ricordare (e ascoltare) che l’intuizione di fondere elettronica e chitarra aveva già trovato un esatto punto d’arrivo, forse ineguagliabile per intuizione, in quel capolavoro che fu “E2-E4”, il “gambetto di Re” di Manuel Göttsching, registrato nel 1981 e pubblicato nel 1984 e anticipato dall’altrettanto seminale “Inventions for Electric Guitar” registrato nel 1974 e pubblicato nel 1975 (ma viaggiamo tra spazi cosmici di caratura superiore): e così, anche il richiamo fatto a “Wish You Were Here” (album) si confronta con “Quasarsphere” del citato “Inventions for Electric Guitar”.
Riavvolgendo poi il nastro della nostra disamina, “Metallic Spheres in Colour” si riassume (nella versione in vinile) in due suite, una per lato, intitolate (e rinominate) rispettivamente “Seamless Solar Spheres of Affection Mix” e “Seamlessly Martian Spheres of Reflection Mix” (la versione liquida, dividendo, ne conta invece quattro, oltre a degli “excerpt”) che “rimescolano” le carte e “compattano” nella parziale “riduzione” (vinile singolo rispetto al doppio predecessore), senza soluzione di continuità anche concettuale, l’originale stesura, proponendo un lavoro discografico simile e figlio del precedente ma al contempo progenie diversa; spariscono ache i “sottotitoli” presenti all’interno dei “vecchi” “Metallic Side” e “Spheres Side”.
“Seamless Solar Spheres of Affection Mix”, seppur caratterizzato da un’elettronica più spinta e da una solida “ritmica”, vede il Gilmour “solista” perdersi nel ricucire brandelli di chitarra (anche “apparentemente” slide – ma purtroppo non è quella proposta, soprattutto dal vivo, di “One Of These Days”) propria dei Pink Floyd della seconda metà degli anni settanta, ora presi da “Shine On You Crazy Diamond”, ora da “The Wall”, e degli anni a cavallo tra il finire degli ottanta (“Signs of Life”) e novanta (“Cluster One”).
“Seamlessly Martian Spheres of Reflection Mix” mantiene, invece, un piglio elettroacustico, con una stesura “etnica” su cui fanno incursione voci, elementi del passato e del futuro; se in apertura, con i suoi richiami orientaleggianti sembra strozzare in gola “Set the Controls for the Heart of the Sun”, l’intermezzo di chitarra acustica asciugata (suonata da Marcia Mello) vacilla prima che la coda “astratta” congedi l’orecchio nel trionfo sonoro finale (un po’ deluso, ripenso con nostalgia a quel capolavoro che è “Sum Of All Heaven” del progetto Six Organs of Admittance).
In tutto il disco, non mancano, poi, gli elementi di musica concreta e le “citazioni”.
Recentemente, anche su queste pagine, si è parlato della versione “Redux” di “The Dark Side of The Moon” pubblicata da Roger Waters il 6 ottobre 2023 con un breve accenno alla produzione solista dei membri dei Pink Floyd; ebbene questa collaborazione di Gilmour con i The Orb, conferma come Gilmour sia “complementare” ai Pink Floyd più che a se stesso e come con essi, nella formazione “classica” post Syd Barrett, completandosi gli uni con gli altri, abbiano costituito un “unicum” irripetibile.
In “Metallic Spheres in Colour”, oltre al già citato David Gilmour alla chitarra e voce, anche: Alex Paterson alle tastiere, manipolazioni sonore e giradischi; Martin “Youth” Glover al basso, tastiere e programmazioni; Tim Bran alle tastiere e programmazioni; Marcia Mello alla chitarra acustica; Michael Rendall alle tastiere e programmazioni; Roney FM alla voce narrante.
https://www.theorb.com/
https://www.davidgilmour.com/
https://www.facebook.com/TheOrb
https://www.facebook.com/davidgilmour