L’avevamo appena lasciata a febbraio con un album che sanciva il suo tentativo di conquistare un pubblico più ampio attraverso i testi in inglese, e adesso, senza sosta, Ólöf Arnalds regala ai suoi fan un Ep (sempre per la One Little Indian) di quattro pezzi prima di partire per un lungo tour europeo. Ed è come voler ri-abbracciare i fan della prima ora, perché The Matador, nonostante il titolo in inglese, è un ritorno ai testi in lingua madre. Ma il ritorno alle origini non è tutto qui: Ólöf ritorna all’ispirazione della prima ora, quella dell’album di esordio Við og við del 2006, e di Innundir Skinni del 2010, e si muove lungo composizioni in autentico stile trobadorico, con assolo esclusivo di voce e chitarra, e la chitarra, si badi bene, è classica e non acustica.
Dunque non si può in nessun modo parlare di folk celtico, come invece per Sudden Elevation, perché qui la ex-ragazzina che tanto piace a Bjork e a Blonde Redhead sembra addirittura voler scavalcare i secoli e puntare direttamente al giullaresco medievale. Si deve, senza esagerare, tornare al ‘500 per ascoltare qualcosa di simile: la chitarra disegna arpeggi non facili, sotto l’attenta guida di Skùli Sversson, che si è occupato degli arrangiamenti nello studio minimalista di Berlin-Music a Reykjavik, mentre la voce di Olof si staglia in orizzonti davvero senza tempo.
Non sarà facile conquistare i cuori europei, abituati a ben altre melodie, nel suo prossimo tour, ma senza dubbio con questo EP Ólöf sembra voler ricordare a se stessa ancor prima che al suo pubblico di che cosa è fatta la sua ispirazione e la sua musica. Ed è musica autentica, che viene dal cuore e dall’anima, e che si nutre delle brughiere e dei ghiacci, ma anche dei paesaggi spettacolari e lunari, di quell’isola al confine dell’Europa che tanto sembra in questi ultimi anni voler conquistare il continente con i suoi sempre più numerosi talenti.
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autore: Francesco Postiglione