Le intriganti e crepuscolari trame synth pop di Lanzafame ricreano in questo disco d’esordio un immaginario straniante, visionario e psichedelico, ritmicamente vario, non privo di un certo taglio cantautorale nel complesso molto originale ed in controtendenza nel panorama musicale alternativo italiano contemporaneo.
Marco Donelli canta e declama misteriosi mantra del quotidiano su musiche proprie arrangiate con Gabriele Pacelli, con ampio ricorso all’elettronica, e la difficoltà di decifrare i testi spinge molto presto verso un ascolto più complessivo e meno cerebrale, che permette di cogliere la buona densità dei brani, le immagini trascinanti e finanche una gradevolezza pop (‘Ken Parko’, ‘L’Intervista’, ‘Muccioli’) che s’intravede sempre e comunque all’orizzonte; e ciò a dispetto di un’impressione iniziale magari sgangherata e naif, che ben presto, con un po’ di dedizione, viene meno del tutto.
In Torino è in Piemonte tornano in mente, in maniera disordinata, impalpabili riferimenti a Faust’o, Flavio Giurato, Ivan Cattaneo, Syd Barrett ed il Lucio Battisti degli anni 80, mentre il modo di cantare di Marco Monelli, su un numero ristretto di registri tonali e con approccio distaccato e declamatorio, diviene ben presto elemento distintivo, centrale nella musica di Lanzafame Drummakkine, assieme al particolare ricorso ai suoni retrò di sintetizzatori.
‘Mela di Scarto’ (1975) di Lucio Dalla e Roberto Roversi, fatta propria molto bene da Lanzafame nella reinterpretazione che chiude il disco, ci fornisce un altro riferimento importante per comprendere questo artista italiano che nell’arco delle 8 canzoni del disco rimane sempre fedele ad una personale e ricercata visione musicale, onirica ma non necessariamente escludente.
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autore: Fausto Turi