Quando misi sul piatto “Darling Arithmetic”, album del 2015 dei Villagers di Conor J O’Brien, e iniziò a suonare “Courage” avvertii che stavo ascoltando qualcosa di prezioso e con essa le splendide “The Soul Serene” e “Little Biot”, ed ancora “Everything I Am Is Yours”, “Hot Scary Summer”, “Darling Arithmetic”, “So Naïve” … per un bellissimo e perfetto disco di cantautorato folk, restato purtroppo unico esempio nella discografia dei Villagers che, tra alti e bassi, si è spinta verso territori più “pop” .
“Darling Arithmetic” era, infatti, solo il terzo LP dei Villagers che avevano già dato alle stampe, oltre all’EP “Hollow Kind” nel 2009, il buon “Becoming a Jackal” nel 2010, disco più complesso in alcuni arrangiamenti (“I Saw the Dead”, “Pieces” …) ma anche efficace e diretto (“Becoming a Jackal”, “Home” …) – che comunque non si mostrava al livello di perfezione di “Darling Arithmetic” – , e il deludente “Awayland” nel 2013, incline ad elementi di elettronica poco convincenti (“The Waves”, “Judgement Call”) e che si lasciava ascoltare, con medio piacere, nei brani quali “Nothing Arrived”, “The Bell” e nelle soluzioni più ritmate come “Passing A Message” ….
Nel 2016 il live “Where Have You Been All My Life?” che se da un lato appariva sicuramente bello perché vicino alle sonorità di “Darling Arithmetic” e contenente “pezzi scelti”, dall’altro non aggiungeva molto se non nella rivisitazione di alcune canzoni che qui, in versione “acustica”, risultavano essere più interessanti delle precedenti in studio come testimonia “The Waves”.
Nel 2018 “The Art of Pretending to Swim” che faceva trasparire, tra i solchi, una volontà di avvicinarsi a sonorità anche più “pop” (“Sweet Saviour”, “Long Time Waiting” …), toccando territori tra il lounge e la black music con “Love Came With All That It Brings” o insistendo su di una non pertinente elettronica (“Real Go-Getter” e “Ada”, questa mal riuscita soprattutto nella versione estesa).
Tra singoli su singoli, nel 2019 l’EP “The Sunday Walker” che perseverava nell’ondivaga miscellanea di cantautorato e “altro” come dal confronto tra “Did You Know?” e “Note To Self (for Michael)” per poi, nel 2021, con “Fever Dreams” la definitiva dichiarazione di abbandono del vincente folk per un pop “alternativo” (scelta che sinceramente non trova l’apprezzamento dello scrivente) suggellato nei brani presentati come singoli quali “The First Day” e “So Simpatico” (che nella versione delux sono proposti anche in veste acustica). La bravura nella scrittura di Conor J O’Brien emergeva in ogni caso, come testimoniato dall’intima “Momentarily”, dalla radiofonica, bella e mutevole “Circle In The Firing Line” (presente anche in versione acustica nella versione delux), da “Fever Dreams”, “Deep in My Heart” …
Con “That Golden Time” (Domino), i Villagrers hanno fatto un parziale passo indietro rispetto a “Fever Dreams”, recuperando, in parte, ambientazioni più acustiche sebbene la bella e notturna “Truly Alone” in apertura lasci presagire diversamente.
Riuscite sono, infatti, le ballate “First Responder” (malgrado l’orchestrale arrangiamento in chiusura), “I Want What I Don’t Need” e “You Lucky One”.
Di pregio “That Golden Time” (anche per l’assonanza con “Time/Breathe (Reprise)” dei Pink Floyd) che chiude un ottimo Side A.
Girato il vinile, “Keepsake” reintroduce elementi di elettronica fuori posto … non tano perché il brano sia mal riuscito, ma per essere il sound fuori contesto, come risalta dall’immediato paragone sia con quanto sino ad ora ascoltato, sia con la successiva e pastorale “Brother Hen”, con l’intima “No Drama” e con la calda “Behind The Curtain” (se per essa non si considera la coda finale che lascia assai perplessi per i motivi già esposti … evidentemente Conor J O’Brien non riesce a liberarsi di questa sua esigenza di contaminazione).
Chiude la rilassata “Money On The Mind” … per un disco che nel complesso è di piacevole ascolto e di qualità nella scrittura.
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