Massimo Zamboni è uno di quei personaggi che sei sicuro di trovare sempre dalla stessa parte. A differenza del suo ex socio Ferretti (con il quale però il 5 luglio si ritroverà per la presentazione della nuova edizione de “Libretto Rozzo” edito da GOG), ha mantenuto costante negli anni una coerenza non solo dal punto di vista politico ma anche nel percorso di una carriera musicale dettata dall’indipendenza e da una continua ricerca sonora. La sua coerenza è riscontrabile a partire da come affronta la questione per la preoccupazione per la sua patria che è quella dei padri partigiani, come esprime in “Fermamente collettivamente”, titolo con due avverbi tesi, non a caso, a voler rimarcare da un lato la necessità dell’irreversibilità della resistenza e dall’altro il problema di chi tende ad allontanarsi dai valori fondanti la nostra patria. Sulla stessa lunghezza d’onda si pongono l’intrigante ballata emiliana “Italia chi amò”, nella quale fa richiami ad un passato meno stressante evocati negli intrecci sonori tra elettronica e chitarre elettriche e la title-track, nella quale emerge un ossimoro nella realizzazione caratterizzato da un incedere musicale malinconico, ma da un testo centrato sulla passione accesa. Non a caso Zamboni ha posto come prima canzone “Gli altri e il mare”, una soffice ballata sul mare nostro e di tutti gli altri. Il disco è prodotto da Alessandro “Asso” Stefana, Zamboni che ha deciso di concentrarsi maggiormente sul lato cantautorale del nostro, creando arrangiamenti asciutti e sonorità più lineari. Quel che resta di punk lo esprime nella tesa e post-punk “Il nemico”, grazie a chitarre semi-grattuggiate che esplodono nella seconda parte del brano, o nelle ballate folk-punk “Tira ovunque un’aria sconsolata” e “Canto degli sciagurati”. Zamboni riprende anche un suo vecchio brano “Nove ore” che aveva affidato alla voce di Angela Baraldi, mentre qua se ne riappropria totalmente rendendola morbida grazie ad un arrangiamento elettro-acustico. “La mia patria attuale” è un disco importante non solo perché racchiude l’ ottima carriera dell’ex chitarrista dei CCCP/C.S.I., ma per l’ascoltatore che ha un ulteriore elemento per riflettere sulla crisi della patria nata dalla resistenza.
autore: Vittorio Lannutti