Fabio Zuffanti fa parte di quella schiera di musicisti che non li fermi nemmeno con le bombe: tanta è l’alacrità lavorativa che immette nelle sue massive produzioni, con lesta capacità risolutiva, altrimenti, non si spiegherebbe il suo presenzialismo in una quarantina di album, sotto forma di varie progettualità come Finisterre, Maschera di Cera, laZona, Rohmer, Hostsonaten, tanto per menzionarne alcuni. Dopo aver girato la boa del mezzo secolo d’età, sforna “In/Out” con la produzione di Livio Magnini: nove brani dal fascino tangibile, in quanto il Prog che si può scorgere nella lista, non è trattato con matrice tradizionale ma con risvolti poco battuti ed inconsueti e, cosi contemplata, la formula risulta non solo attraente ma anche subliminalmente restauratrice. Logico che tutto può scaturire , principalmente, da fitta frenesia creativa in continuo fermento, per garantirsi un posto onorevole tra gli esuli del dozzinale. Tanto per dare un’idea, chi avrebbe osato dare un titolo chilometrico alla traccia d’apertura? Magari, nel cinema abbiamo ricordi nella filmografia della Wertmuller , ma qui… “Ascoltate attentamente perché sono cambiate le nostre opzioni” ribalta tutti i canoni tipici del Prog, con tratte estranianti, effigiate dall’apporto dell’eleganza vocale di (fresco di Premio Tenco 2018), al quale è delegata tutta la parte cantata della tracklist. “Fase uno” lancia un loop che riversa il suo ipnotismo nel fondale del brano per ottenebrarlo con effettistica oscura e svagata, mentre “Gli inconsolabili” ha in sé quel sound vintage e compassato che sembra rubato da una soundtrack anni ’70, placida ed evocativa d’amarcord. Poi scopriamo che proprio “In/Out” congloba parecchia filosofia del Zuffanti-pensiero in quanto (forse) non si è dato ancora una spiegazione sul perché le cose che non lo attirano, alla fine le anela e le “compra”: roba da La volpe e l’uva. Andate al passaggio-chiave : “Le cose che non mi appartengono poi mi piacciono…” e tutto si svelerà in modalità Subsonica con ricami cantautorali. L’introspezione spirituale continua con “Violenza domestica”, in cui galleggia il domandone gemente sulla (eventuale) utilità della musica fin qui prodotta, scaricando l’accorata analisi con soluzioni assemblative di sapor Finisterrre. Invece, puntellature acquatiche bagnano l’asetticità di “I-O Coda” in un’elettronica disarmonica, sintomo di un’indole fieramente inquieta, con stricchi ossessivi ed angoscianti ma in…coda troviamo l’uscita dal tunnel, avvolti da sontuosità psych-prog. “Se ci sei” è una reminescenza del suo epico album “La Foce del Ladrone” e qui riletta in chiave intimamente cantautorale, con pennate di chiatarra acustica e poco altro e la stilizzazione di Fabio Cinti come valore aggiunto. Dall’aria sintetica, “In-quieti” viaggia sul pedale del synth-pop algido ed astratto, come se Battiato intercedesse con la sua surreale genialità, spennellando spiritualità onirica su tutto l’allestimento. Fantascientifica e cinematografica, “Frantumazione” attracca con ventose di sonorizzazione telefilm anni ’60, chiudendo un’opera dall’indubbio carisma eclettico,che potrà sicuramente ampliare le scelte dei prog-lovers che non disdegnano l’attualizzazione di genere. Sinceramente, all’atto di approcciarmi a “In/Out” e al moto rivoluzionario di Fabio Zuffanti mi rifugiavo nell’angolo dubitativo ma, poi, anch’io mi sono ritrovato a chiedermi perché “le cose che non mi appartengono poi mi piacciono….”.
https://fzuffanti.wordpress.com/
autore: Max Casali