World’s End Girlfriend è il monicker dietro il quale si cela il compositore giapponese Katsuhiko Maeda, già visto in Europa nel 2002 al Sonar di Barcelona e collaboratore dei post-rockers Mono.
Se qualsiasi prodotto musicale del Sol Levante è sempre all’insegna di genio e sregolatezza, in Seven Idiots questo è più vero che mai.
Sarà la condizione storico/culturale da cui provengono i giapponesi, saranno gli effetti delle radiazioni di ieri e di oggi ma anche stavolta la follia di sperimentare, manipolare, assemblare il meglio (e a volte anche il peggio) che arriva dall’occidente si manifesta in tutto il suo splendore, realizzando in questo caso un crossover davvero totale.
Base di partenza la classica contemporanea che il nostro coltiva fin dalla più tenera età grazie alla collezione di dischi di papà, poi la composizione con i più svariati strumenti (chitarre e tastiere, registratori e computer) fino ad avere archiviate qualcosa come circa 600 canzoni. Da questo si capisce perchè la musica di WEG è un frullato benedetto di schegge da ogni universo musicale: il nostro ha condensato tutto lo scibile in queste 13 tracce secondo un procedimento singolare, e cioè pensare tali composizioni come canzoni per poi eliminarne la vocalità.
Tutto questo non è sufficiente ad intuire come suona questo disco, ma posso solo dirvi che i nostri ascolti comuni sono assai lontani da questo melting pot stilistico che ci avvince ed ipnotizza nel suo vigoroso rigore.
C’è del minimalismo classicheggiante alla Nyman sorretto da un’ elettronica-toys e dell’ indie-guitar con handclapping; ci sono schizofreniche stratificazioni di piano ed archi e distorsioni di chitarre elettriche e tastierine casio da arcade retrofuturista; c’è spacey fun dance electroclash morbidone e pornografia lollypop; ci sono vocine aliene e stramberie J-Pop; ci sono sinuosità jazzy e rigogliosa vegetazione glitch; ci sono allusioni a flamenchi digitali suonati da ebrei est-europei e brutali droni IDM: insomma c’è tanta roba. Come se il maestro Sakamoto dirigesse un concerto per la fine del mondo suonato dai Sigue Sigue Sputnik.
Il tutto viene eseguito con austerità formale che svela l’impostazione classica e che anche nei passaggi più forti non perde mai di delicatezza, garbo e buon gusto.
Se pensate che tutto questo non possa anche avere una qualità cinematica, godete pure del video di Les Enfants du Paradis, sinestetico antidoto alla noia imperante.
Autore: A. Giulio Magliulo