Traendo ispirazione dalla grande opera del sommo vate Dante, tornano in pista il collettivo ligure dei Roommates con il secondo album “Roots“, il cui titolo prendo spunto da un verso della Divina Commedia. Il leit-motiv delle dieci “cantiche” è quello di un’itinerario dolente ma reattivo nei vizi capitali, tenendo in mano un lanternino, alla ricerca del lumicino della
redenzione, partendo dagli abissi tetri per poi scalare il picco del perdono.
L’esperto apporto alla produzione di Pietro Foresti (già con Guns&Roses, Korn) fa si che le “radici” in essere, non possano attecchire a livello internazionale. Arpeggio estraniante perpetra nel corpo di “Path of the sinner”, nel quale viene assistito da un ristretto quanto valido impianto sonoro. Con “Second one” cominciano a picchiare sodo, graffiando con chitarre arroganti che sincopano su se stesse, snocciolando assoli di sicuro effetto. Il mood drammatico di “Feed me” apre su soluzioni ariose mantenendo, comunque, il principale riff per abbarbicarsi nella sinapsi con valide soste filo-prog.
Certoche, per mettere alla berlina i vizi capitali ci vanno già pesante con centrato criterio perchè, giustamente, un’abrasione blanda non sortirebbe l’effetto sperato. E “Want” fa veramente Gola come t’incartano un classic-rock col gagliardo refrain da cantare in gruppo a piena (u)gola. Occhio che i Roommates ti fregano: suonate “Acedia” e poi chiedetevi se nei Nostri ci sia avversione nell’ operare e/o tedio e neghittosità. Anzi, sono, bensì, mordaci bastian contrari che inossidano il
sound in compattezze inopinabili. Invece, “The contrack” bussa alla porta dell’insolito: rock si, ma con ricami in controtempo, svisatine disseminate qui e la e drumming lanciato sui binari varianti. Vi sembra, poi, che “Pride2 inglobi superbia? Certo, ma solo quella derivante da una tecnica gestionale che non piove (evidentemente) dal cielo ed è messa a disposizione per far luce
sugli aspetti emotivi e non su quelli presuntuosi.
Per quanto detto, siete convocati ora al “Summit” del perdono: un atto di rock come Dio comanda che il quartetto ligure riesce a cementare con lacca antiruggine. Infine, la titletrack posta in coda all’album ci offre uno strale di accorata ponderazione. Non è un caso che i Roommates siano di Ventimiglia: E’ destino che la loro musica varchi, prima o poi, confine d’oltralpe e non è un caso se son fioccate lodi da parte di tal Lynyrd Skynyrd.
Non so se mi spiego…Ad maiora semper !
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autore: Max Casali