Li avevamo perduti di vista da molto tempo gli svedesi Raised Fist, che raggiunsero il successo internazionale nel 2000 con l’album intitolato Ignoring the Guidelines, episodio fondamentale in grado di sintetizzare la old school più belluina al disperato, stritolante e nichilista postcore europeo in voga all’epoca, continuando poi la carriera discografica sempre per l’etichetta Burning Heart fino al precedente Veil of Ignorance (2009), che aveva mostrato i segni di una svolta artistica verso un approccio hardcore sempre molto frontale ma più articolato, con parti crossover, melodic, screamo e garage punk.
Ora il passaggio all’etichetta californiana Epitaph attesta che il gruppo è ancora vitale ed ambizioso, e che insiste nel rendere il proprio punk attraente per un pubblico più ampio, adeguandosi agli standard musicali medi Epitaph.
Il metalcore dei Raised Fist pur essendo meno estremo che in passato rimane in ogni caso un assalto all’arma bianca malgrado la sufficienza se non diffidenza nei giudizi recenti delle riviste specializzate nel genere hardcore punk verso un album che in Svezia ha raggiunto addirittura la sesta posizione nelle classifiche di vendita, e va detto che From the North trova dei limiti certamente non nella minore furia in sè quanto nel tentativo della band di snaturare la propria vocazione principale che è l’impatto, tentando articolazioni più raffinate che non sono nelle proprie corde, come nelle indecise ‘Until the End‘ e ‘We will Live Forever‘; un po’ come quando negli sport di squadra i difensori abbandonano la propria posizione nelle retroguardie e si spingono in avanti per segnare. Così From the North va avanti per episodi, tutti ringhiosi ma qualche volta non particolarmente incisivi. Il modo di cantare di Alle Hagman, straordinario marchio di fabbrica del gruppo da sempre ed anch’esso messo da alcuni in discussione in questo frangente, ci sembra invece indiscutibile, unica certezza, in grado di trascinare la band.
‘Sanctions‘ e ‘Chaos‘ – in pratica brani fotocopia – segnano il nuovo standard dei Raised Fist, un hardcore ringhioso su accordi distesi di chitarre dal suono grezzo, ribassato e pesante ma non veloce che cerca il groove e talvolta anche il riff come nell’iniziale punk stradaiolo ‘Flow‘, in cui tuttavia come dicevamo è solo la voce rauca e ringhiosa di Hagman a caratterizzare e dare un senso; le musiche, estrapolate, ricordano roba tipo Deftones, Soundgarden o System of a Down, caricate tuttavia da un cantato ben più duro. Poi ci sono i brani hardcore melodico, come il trittico ‘Man & Earth‘ – esaltante brano ambientalista – ‘In Circles‘ e ‘We will Live Forever‘, ed ancora una scossa improvvisa vecchia maniera, l’unica, intitolata ‘Gates‘, furioso, isterico hardcore antimperialista à la Dillinger Escape Plan.
Ancora prese di posizione sociali durissime in ‘Depression‘, che accusa lo stile di vita occidentale consumistico e illusorio tra smartphone, photoshop, ore e ore passate piegati davanti al computer ed il mito dell’èlite di cui i teenager per primi sono vittima e che può generare comportamenti schizofrenici e depressivi, con un’incisiva presa di posizione straight edge contro il consumo di droga, vista come strumento di sottomissione di massa.
Disco comunque riuscito, From the North è destinato a generare perplessità tra i fan oltranzisti ma a far crescere la notorietà di un gruppo che ha ancora cose da urlare.
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autore: Fausto Turi