Provengono da Milano, ma potrebbero benissimo venire da Copenhagen, New York, Tokyo o perché no Tunisi, visto che il linguaggio da loro parlato è quello universale del jazz.
Dopo aver recensito il loro secondo disco “Clinking glasses”, approfondiamo la conoscenza degli Ottavo Richter con l’intervista che segue.
Ciao, illustrateci l’album di famiglia Ottavo Richter: da dove venite, chi siete, cosa fate, dove stando andando…
Ciao Guido e un saluto a tutti i lettori di Freak Out: io sono Raffaele Kohler, il trombettista, e mi prenderò l’onere e l’onore di parlare a nome di tutta la band.
La band nasce più di dieci anni fa nelle grigie aule del conservatorio G. Verdi di Milano, dopo il fatidico incontro tra me e il trombonista Luciano Macchia, appena sbarcato dalla Lucania; invece gli altri componenti si sono aggiunti strada facendo, siccome ci tenevamo a fare musica nostra e non rispettare gli accademismi jazzistici e siccome la cosa più importante per noi era ed è tuttora divertirsi e stare bene insieme, c’è stata una selezione naturale dei componenti del gruppo e siamo stati molto fortunati!
Il gruppo fa base a Milano ma l’unico milanese, anche se non sembra, sono io: Alessandro Sicari, il chitarrista, viene dalla Liguria; i fratelli Marco e Paolo Xeres, rispettivamente basso e batteria, sono della Valtellina; Domenico Mamone, il sassofonista baritonista, è calabrese; e come gia detto prima il trombonista viene dalla Basilicata.
La finalità della nostra musica è quella di divertirci e di divertire e riuscire a coinvolgere il pubblico, che siano mille o che siano due persone, creando delle emozioni e dando la possibilità a noi e a chi ci ascolta di lasciarsi andare: un terremoto musicale.
Quali sono le difficoltà che avete incontrato nella pubblicazione e promozione dei vostri due dischi, di fatto autoprodotti? Quali i motivi per i quali non c’è una vera e propria etichetta a sostenervi?
Problemi per l’autoproduzione non ce ne sono stati, siccome il primo disco è stato sostenuto economicamente da Luca Padovani, il proprietario del Molly Malones, un magnifico Irish pub a Nebbiuno sopra Arona, e da Tommaso Sacchi, mio cugino, che ha cooprodotto insieme a noi anche il secondo disco.
Il problema è che non abbiamo mai avuto una distribuzione e abbiamo pochissime conoscenze nell’ambiente jazzistico e quindi fino all’ultimo disco non abbiamo avuto ancora una vera proposta discografica, ma l’importante è continuare a suonare.
Mi sembra che il collante fondamentale della vostra musica sia il puro e semplice piacere di suonare insieme… quale l’atmosfera che si respirava durante le sessioni di registrazione di “Clinkin glasses”?
Ci tengo a sottolineare che per fare questo disco ci abbiamo messo tre anni ma sei giorni effettivi di lavoro, tre giorni nel 2006 per cinque canzoni e tre giorni nel 2010 per altre cinque canzoni, ma alla fine ce l’abbiamo fatta. L’atmosfera era molto fumosa, siccome era permesso fumare in studio, ma molto tranquilla, siccome ognuno nel gruppo sia in concerto che in registrazione si sente libero di tirare fuori al massimo la propria creatività, e infatti siamo stati più che contenti del risultato.
Come ottenete il giusto mix tra composizione e improvvisazione?
Il giusto mix tra composizione e improvvisazione è come ho detto prima la libertà di potersi esprimere alla propria maniera, di solito quando uno porta un brano da far suonare viene sempre più bello di come se lo aspettava e le improvvisazioni sempre meglio di come ce le si poteva immaginare, proprio perchè ognuno dice la sua. Funziona come sul lettino dello psicoanalista.
Riuscite a vivere di sola musica, o gli Ottavo Richter sono solo uno dei vostri “passatempi”? Ho letto che alcuni di voi hanno in piedi anche altri progetti musicali, ce ne parlate?
Ognuno di noi vive di sola musica ma non di solo Ottavo Richter e quindi suona in altri progetti, ma è molto meglio perchè ognuno poi porta la propria esperienza personale nel gruppo. Non vorrei scrivere un’epopea, ma ci tengo a sottolineare che in qualità di Ottavo Richter collaboriamo con diversi artisti: chi vuole solo la nostra sezione fiati per il proprio disco, come ad esempio i Calibro 35 o gli Arm on Stage; chi tutta la band, ad esempio la Banda Osiris per qualche puntata di “Parla con me”, al CaterRaduno e sulle Dolomiti; chi vuole essere accompagnato in performance pittoriche, teatrali o acrobatiche. Siamo aperti ad ogni tipo di esperienza.
Quali sono gli artisti/gruppi italiani del momento che vi pare stiano proponendo le cose più interessanti?
Ognuno di noi ascolta musica completamente differente dagli altri e quindi non mi prendo la briga di rispondere a questa domanda a nome del gruppo, ma posso dire che in Italia stiamo passando un brutto momento culturale: sono appena tornato da una vacanza a Parigi e ogni sera suonavo jam sessions fino alle tre del mattino, se non fino alle sei, con musicisti da tutto il mondo in tutti gli stili di musica, qui a Milano ce la sogniamo una vita così! Come dice il ministro Brunetta dobbiamo solo suonare durante la pausa pranzo o la sera dopo aver lavorato se ci riusciamo, visto che il nostro lavoro non è considerato come tale.
Se non sbaglio finora vi siete esibiti in studi televisivi, studi radiofonici, jazz-club, teatri, pub e aule universitarie…, praticamente ovunque fosse possibile… qual è la dimensione che sentite più congeniale alla vostra musica? C’è un luogo insolito, un palco prestigioso o un locale particolare dove sognereste di suonare dal vivo?
Anche a questa domanda sono sicuro che ognuno di noi darebbe una risposta differente; diciamo che il mio sogno è quello un giorno di girare con gli Ottavo le piazze d’Europa e del mondo suonando per la strada per poi essere ingaggiati in qualche bel locale o teatro così come viene.
Consigli per gli ascolti: indicateci il vostro disco ideale da mettere su al mattino appena svegli, uno da inserire nel cd-player dell’auto in mezzo al traffico cittadino, ed uno perfetto per accompagnare del buon vino rosso durante una cena con gli amici…
Io inizierei la giornata con qualsiasi cosa di Mozart che è bello allegro, in auto nel traffico della buona bossa nova brasiliana per stare rilassati e la sera per brindare con gli amici direi che “Clinking glasses” ci cade a fagiolo!
Un saluto finale ai nostri lettori:
Come saluto ai lettori vorrei citare una frase che mi ripeteva mio nonno per farmi continuare a suonare la tromba: tromba di culo sanità di corpo, l’uomo che caga non è mai morto.
Autore: Guido Gambacorta
www.ottavorichter.net