Un’ondata di sperimentazione arriva dalla tranquilla Svizzera, dormiente e dimenticata, per invadere il palco della Galleria Toledo con giacche verdi da portiere d’albergo e facce da filmino dei ricordi sgranati. Il canuto sig. Jacquet ci introduce al nuovo concerto, con nuovi pezzi, nuove sonorità, nuovi costumi, nuove novità fino al parossismo, già tratteggiando quei surrealismi che danzeranno fino all’ultima nota; afferra un tubo di latta ancora tra le risate del pubblico e seguito dal campionatore di Christian Garcia sfodera una voce che colma di dolcezza l’intero teatro, modella suggestioni avvolgenti, porta la ripetizione – testo, giri musicali – ad un livello estremo dove si fa riconoscibile, uno schema che stagliandosi ci permette di cogliere ogni altra variazione. Spremono ogni loro canzone, che sia una ballata o un brano violent rock, la suonano fino a stracciarla, abbandonandola esanime, la esauriscono rendendola ipnotica, ossessiva come i ritmi sciamanici: ne elevano l’intensità oltre soglie sostenibili, tanto che il batterista, giunto a velocità smodate, è costretto a lanciarsi dal suo strumento ancora in corsa per salvarsi, lasciandolo fumante in faccia ai nostri occhi divertiti. I Velma giocano, ma con la sicurezza di essere molto sé stessi e poco maschere, vagamente legati ad un mod-ello che richiama gli anni Sessanta calcandolo però sempre sul filo che divide la pantomima dall’affettuosa citazione, dal modo in cui si abbigliano a quello in cui ballano, folgorandoci di vitalità e novità sotto il frusto aspetto. Quarta faccia del gruppo, le immagini in super 8 che s’inseguono tra le note, riquadri di luce che fioriscono durante il concerto: c’è completezza, commistione di diverse forme espressive, loro forza e loro limite: perché tutte le sensazioni irradiate da quel palco non sono comprimibili tra i microsolchi di un disco, formulabili da un algoritmo, voce e strumenti sono poche sfaccettature di una forma poliedrica, ma la loro presenza è invece un happening che pretende l’unicità dell’evento irripetibile, la sua non commerciabilità. Non c’è altro modo, per goderli pienamente, che guardarli in faccia: in un mondo così pop, una rarità.
Autore: Pierpaolo Livoni
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