Di e con Sergio Castellitto, con Laura Morante, Nina Torresi, Enzo Jannacci
“Un bagno di leggerezza”, così ha definito Sergio Castellitto il suo ultimo lavoro cinematografico e, dal momento che il riferimento è a “Non ti muovere”, ciò è senza dubbio vero.
Messa da parte la drammaticità, per questa sua terza volta dietro la macchina da presa, Castellitto si è buttato a capofitto nella commedia, nel film corale un po’ vecchia maniera, in cui l’ironia -come egli stesso ha sottolineato- viene utilizzata per affrontare temi serissimi. “La bellezza del somaro” è un racconto di Margaret Mazzantini, un’istantanea della società contemporanea o, piuttosto, di una parte di essa, quella più squisitamente borghese, più illuminata, oggi si direbbe radical-chic.
Mettete un fine settimana in una casa di campagna in Toscana, aggiungetevi una scalcagnata comitiva di uomini e donne di mezza età ognuno con i propri guai, più i loro tormentati figli con annessi drammi adolescenziali: ecco, avete appena innescato una bomba a orologeria destinata a deflagrare alla prima buona.
La scintilla in questo caso è l’ultima trovata di Rosa (la brava Nina Torresi) figlia liceale della coppia Castellitto-Morante decisa a portare a casa la sua recente conquista.
E’ un po’ come in “Indovina chi viene a cena?” ma, stavolta, al posto di Sidney Poitier c’è Enzo Jannacci. Sì, un settantacinquenne con una diciassettenne, avete capito bene. Roba da far perdere le staffe anche al genitore più progressista ma chi può dire, di fronte a una comitiva del genere, chi merita l’appellativo di adolescente scapestrato? In questa storia anche i cosiddetti “adulti” non scherzano quanto a irresponsabilità.
Castellitto è un padre fedifrago alle prese con la più classica delle amanti bionde e la più classica delle crisi di mezza età, la Morante è una psicologa che -guarda caso- troppo concentrata sui problemi dei propri pazienti, perde completamente di vista quelli di casa sua, per non parlare del presepe di amici e conoscenti, che affollano la casa in quello che diventerà un weekend di puro delirio. C’è Duccio (Marco Giallini), plurisposato fissato con le donne e le droghe leggere, Valentino (Gianfelice Imparato) con l’inseparabile auricolare e la mania ossessiva di imparare l’inglese, la giornalista fuori di testa, la preside esausta, la temibile badante ucraina e, naturalmente, ciliegina sulla torta, i matti, pazienti della Morante, sopraggiunti per l’occasione.Inutile dire che il principio e la fine di tutto questo sia proprio Enzo Jannacci, parafulmine della situazione che, con poche parole, rimetterà ognuno nel proprio ruolo. I padri devono fare i padri e così le madri, e i figli devono ricevere ogni tanto i ceffoni che meritano (come gli adulti, del resto). A questo punto, partono gli interrogativi: quale sarebbe la morale della storia? Che, in una società così stratificata, i vecchi avranno sempre e comunque la meglio sui giovani?
Così, mentre ci perdiamo a riflettere sul titolo del film e i suoi significati (“La bellezza del somaro”, antica espressione per indicare la placida ingenuità dei giovani o la giovinezza in generale), cogliamo senza fatica il campanello d’allarme suonato da Castellitto in questo film sulla giovinezza perduta, quella che ti sfugge sottopelle, eventualmente da riconquistare. Nulla da eccepire sulle intenzioni, a lasciare perplessi sono piuttosto i modi dell’operazione, un lavoro che riecheggia di certo cinema francese, momenti serrati di dialogo e di azione in cui sembra esserci veramente troppo.
Così come non ci sono nuovi certi tipi di personaggi, come il Castellitto nervoso che alza la voce e sbraita contro la Morante, quest’ultima (ancora una volta sullo schermo) moglie delusa e tradita con bassa autostima. Nota di merito invece per Jannacci che ci conquista per poliedricità e calma ostentata. Sono proprio gli aspetti meno nevrotici di questo film i suoi maggiori pregi: lo splendido paesaggio toscano sospeso nel silenzio, il somaro fermo nei campi giallognoli. Il resto è urla e caos.
Autore: Vittoria Romagnuolo