Con i Fugazi ancora in stand-by (?), speriamo per poco, il loro bassista, Joe Lally, è l’unico che si è lanciato in una carriera solista e con questo “Why should I get used to it” raggiunge quota tre dischi a proprio nome.
Lally continua a perseguire i valori della coerenza e dell’indipendenza, anche se, rispetto ai primi due dischi, ha cambiato qualcosa dal punto di vista stilistico. In buona parte ha abbandonato il minimalismo molto evidente nei primi lavori, qua evidente soltanto in “Philosphy for insects” ed in “Let it burn”, e ha dato maggiore spazio alla sei corde, suonata sia da lui che da Elisa Abela.
Le chitarre sono speso sferraglianti e quando sono leggermente più accomodanti ricordano lo stile utilizzato dal Lou Reed dagli anni ’90 in poi, soprattutto in “Revealed in fever” e nella title-track.
Le reminiscenze dei Fugazi emergono soltanto nella pulsante “Ken-Gar” ed un altro elemento importante di questo disco è la ritmica, spesso nervosa, grazie anche alla batteria e alle percussioni di Emanuele Tomasi, che in più di un’occasione usa un ritmo sincopato, al punto che in “Nothing to lose” si va verso il p-funk.
Il punk, invece, è ben rappresentato in “Coral and starfish” ed affascina “Last of the civilized” che parte con un minimalismo jazzato per terminare con una circolarità noise.
Lally era insicuro alcuni anni fa, per fortuna ha sconfitto i suoi fantasmi interiori e ci regala queste perle di incorruttibile rock indipendente.
Joe Lally – What Makes You by dischordorders
Autore: Vittorio Lannutti