Una bambina e il suo mondo.
Un mondo fatto di fate, di animali parlanti, di principesse fragili e principi coraggiosi dal cuore d’oro. Fuori c’è la guerra. C’è una Spagna dilaniata dalla dittatura franchista. Una Spagna plagiata, violentata, distrutta.
Una Spagna colpevole e connivente contro la Spagna che lotta, costi quel che costi.
Fuori c’è un mondo incomprensibile, dove i mostri sono uomini e la cattiveria è una prerogativa tutta umana. Ofelia è solo una bambina. Conosce il mondo attraverso le favole e non sa spiegare ciò che succede lì, fuori. Sua madre ha avuto il cattivo gusto di sposare Vidal (Sergi Lopez), uno dei capitani dell’esercito di Franco.
E come se non bastasse, di farsi mettere incinta. Ofelia, agli occhi del nuovo compagno della madre, è solo una bastarda, figlia di un semplice sarto.
Ma nei suoi sogni, è la figlia del re di un mondo misterioso e sotterraneo, la cui porta d’accesso è all’interno di un labirinto sorvegliato da un Fauno (Doug Jones).
E la realtà si mischia alle fantasie di Ofelia, piccola Alice nel mondo della realtà, dando forma ad esseri di pura bellezza, prodotti della creatività più geniale. La trasformazione della “cavalletta” (non sono molto ferrata con l’entomologia) in fatina, è pura poesia (nonostante l’evidente artificio computeristico).
Il fauno è di una bellezza plastica, classica, mitologica. E il mostro più bello e geniale è quello seduto ad un banchetto luculliano.
Bella scoperta, questo “Il labirinto del fauno”.
Un compitino fatto per bene, sostenuto da una buona sceneggiatura, ottimi attori (dalla piccola Ivana Braquero a Sergi Lopez perfetto interprete dell’ottuso machismo fascista), sapienza registica (del Toro non è proprio un pivello, nel suo carnet di ci sono una sfilza di film di genere horror- thriller- fantasy come Mimic, Blade 2, Hellboy), gusto estetico e creatività.
Del Toro ha dichiarato di essersi ispirato alle pitture nere di Goya e alle illustrazioni di Arthur Rackham, supportato dalla maestria di Guillermo Navarro (direttore della fotografia, capace di donare al film i colori pastosi di un cartoon disneyano) e dello scenografo Eugenio Caballero. Presentato all’ultima edizione del festival di Cannes, “ Il labirinto del Fauno” è stato tacciato di essere un film povero di contenuti, senza spessore. Cosa aspettarsi da una favoletta “horror”, senza alcuna altra pretesa? Del Toro racconta la guerra attraverso le fantasie di una bambina che guarda e cerca di capire con gli unici strumenti di cui dispone.
Mai come questa volta non ha importanza il contenuto (il rigore storiografico, la complessità psicologica dei caratteri, la profondità dei dialoghi) ma il come si racconta (il modo in cui la storia è realizzata, attraverso la scelta degli attori, le scenografie, la fotografia e le sue suggestioni) e Guillermo del Toro lo ha fatto egregiamente.
Autore: Michela Aprea