Alla fine del 2018 Bill Ryder-Jones ha pubblicato il suo quarto album Yawn, seguito di una triade fortunata di dischi cominciata con If, esordio strumentale che mette in musica il romanzo di Calvino “Se una notte d’inverno un viaggiatore”, e poi con i capolavori A Bad Wind Blows In My Heart nel 2013 e West Kirby County Primary nel 2015.
In pieno fervore compositivo, e forte anche della bellezza di Yawn, forse il suo album migliore, la Domino Records ne distribuisce una versione più intima al piano, dal titolo ispirato ai The Beach Boys, Yawny Yawn. Di questa seconda versione del disco, in uscita come un album indipendente, Bill afferma: “Non ricordo perché ho pensato che fosse una buona idea fare una versione al piano di Yawn. Ad un certo punto ho pensato che l’originale avesse troppo vigore. È stato divertente farlo anche se ho iniziato ad odiare l’aspetto delle mie mani.”
Come ascoltatori, possiamo certamente dire che è stata una buona idea. Non tutte le canzoni si reggono da sole senza la conoscenza e l’ascolto dell’originale, e quindi vivono di luce riflessa, se così si può dire, ma per chi ha apprezzato tanto il disco dell’anno scorso, questa versione solo piano e voce rivela altri brillanti dettagli: anzitutto la profondità e espressività della voce di Bill, ancora più valorizzata nell’interpretazione soffusa delle canzoni al piano. Poi emerge la struttura melodica, il vero punto di forza di questo disco come della versione originale polistrumentale, e la melodia splendida di tutte e dieci le canzoni viene fuori con dolcezza e armonia splendide.
Certo, il valore degli arrangiamenti meravigliosi e suadenti di Yawn si perde qui, ma è per questo che Yawny Yawn va ascoltato concepito e goduto come un disco complementare, una sorta di lato b, che ancor di più esalta il talento di questo cantautore fra i più promettenti del circuito attuale (del resto Bill non è propriamente un giovane agli esordi, ha in passato una infinità di collaborazioni importanti come chitarrista con The Witches, Artic Monkeys, Last Shadow Puppets nonché con una carriera alle spalle con la band The Coral dal 1996 al 2008).
Inoltre alcuni pezzi hanno una bellezza tutta propria che regge il confronto con la versione polistrumentale: ci riferiamo ai pezzi più intensi come Recover, There’s Something On Your Mind e Time Will Be The Only Saviour e Mither, nonché al singolo Don’t Be Scared I Love You.
Proprio come un lato b, anche Yawny Yawn vede in copertina una foto di famiglia, ma diversa da quella scelta per Yawn. Racconta l’autore al proposito: “Mentre sulla copertina di Yawn c’è mio fratello in primo piano ed io e la babysitter sullo sfondo, su quella per Yawny Yawn ci sono io a tre anni che suono la tastiera a casa di mia zia”. Una scelta intimista per le foto di copertina, che riflette il tono profondamente intimo e riflessivo dei due dischi, reso ancor di più minimale e introspettivo dalla versione al piano, ovviamente.
Sarà un peccato, per chi vivrà il tour di Jones in partenza a settembre, dopo la partecipazione al Glastonbury, trovarsi a dover scegliere fra le versioni al piano e quelle originali: difficile pensare che farà entrambe le versioni degli stessi pezzi. Sarà in ogni caso una lieta sorpresa, come quelle che ci si attende per i prossimi dischi da questo fervido creatore di atmosfere musicali vicine al post-rock ma con una vena in parte buckleyana e in parte fortemente british.
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autore: Francesco Postiglione