L’evoluzione dei Marlene Kuntz, in realtà, non avviene oggi, nel 2007, con questo disco che obiettivamente smorza, e di molto, la carica noise della loro produzione musicale passata. E’ questo un disco destinato a sollevare inevitabili e prevedibili dibattiti, certo, ma si può dire che l’evoluzione dei Marlene Kuntz inizia più lontano, con la fuga, ad esempio, dal modello Sonic Youth su cui rischiavano di appiattirsi già dopo ‘Il Vile’, ed è parte, del resto, della loro storia, poiché il misurarsi con cose nuove è una sfida cui il gruppo di Cristiano Godano non s’è mai sottratto, e bisogna rendergliene atto, dopo 16 anni che sono in giro. D’altro canto, non per andare a tutti i costi contro i maniaci dell’underground pronti a puntare il dito, i quali magari ci godono a raccontare questo disco come di uno scioccante momento di rottura col passato, se non addirittura come di un cedimento commerciale, devo dire che gli elementi di continuità con il passato della band invece ci sono, eccome. Specialmente nei due momenti sommi, che sono ‘Nell’Abisso fra i Palpiti’ e ‘La Ballata dell’Ignavo’, in cui i Marlene mostrano di essere in perfetta forma.
E non c’è nulla di discutibile in sé, nella metamorfosi della band cuneese, metamorfosi che li porta a collaborare ad esempio con Paolo Conte, ospite illustre al pianoforte, strumento tra l’altro molto presente in tutto il disco; che del resto le radio italiane snobberanno, vedrete, come han sempre fatto con i suoi più rumorosi predecessori. I Marlene dunque non si rinneghano, e pur tuttavia, una svolta formale c’è, ed è irreversibile, non si discute.
La buona qualità dei testi delle loro canzoni emerge ancor più splendidamente, ora che il rumore assordante delle chitarre si diluisce ed i ritmi rallentano, e tuttavia ‘Uno’ sa raccontare anche la violenza, e lo fa, quando serve, con un linguaggio violento, e su ciò i Marlene non hanno mai fatto e non fanno sconti, neanche qui: il testo cinico, crudo, efferato di ‘111’ racconta una tragedia da cronaca nera della provincia italiana, diciamo così; senza compiacimento, ma senza risparmiare immagini crude, perchè purtroppo la realtà è così.
Anche le buone doti di arrangiamento dei Marlene, troppo spesso maltrattate dal feedback, riescono a fare bella mostra di sè, in queste nuove canzoni che lasciano spazio a registri molto molto vari, malgrado qualche crepa emerga in alcune tracce un po’ deboli a prescindere, ed alle quali l’arrangiamento non riesce a rimediare: ‘Canzone Sensuale’ sulle tonalità del blu e ‘Stato d’Animo’ vanno un po’ a vuoto, infatti: musiche banalmente pop che, per una band noise, hanno il paradossale sapore dell’esperimento, pensate un po’. In certi frangenti il trio cuneese mi fa pensare ai CSI di ‘Ko de Mondo’.
Riduttivo, giudicare la musica in generale, e in particolare quella di un gruppo storico come questo, che non deve dimostrare più nulla a nessuno, in maniera banale, facendone solo una questione di frastuono e velocità. Godano, in un’intervista recente, ha voluto precisare che lui non si è mai sentito obbligato a fare musica rumorosa, che non pensa di doversi arrabbiare per contratto, o a comando del pubblico, e che se gli gira nella prossima tournèe suonerà anche la chitarra acustica. Nel disco rafforza questo concetto in ‘Fantasmi’, traccia in cui si rivolge direttamente e con sarcasmo all’ala radicale del suo pubblico, ed agli integralisti dell’underground, spiegando le sue ragioni e rigettando le critiche di chi è prevenuto. Ma il punto, probabilmente, è un altro: il tempo passa, i gruppi rock fanno una naturale evoluzione – o involuzione, più spesso, ma non è ancora il caso dei Marlene Kuntz… – e ad ogni modo non restano sempre uguali a sé stessi amenochè non siano una parodia, una macchietta, e intanto bisogna che la bandiera dell’underground si preparino a raccoglierla altri, le nuove leve, i giovani: ma chi c’è in Italia, dopo la generazione di Marlene Kuntz, Afterhours e Subsonica? Ci si poteva mica aspettare che i Marlene avrebbero continuato in eterno a far rumore, nel ghetto dei palchi dei centri sociali? Il vuoto generazionale che si è creato nella musica rock alternativa italiana è sconcertante: il gruppo rivelazione degli ultimi due anni è il Teatro degli Orrori, formato da musicisti in giro da 15 anni…
I Marlene Kuntz la loro parte l’hanno fatta e continuano a farla, e non è giusto parlare di tradimento. Come Dylan uscì di fatto vincitore da Newport, credo che anche i Marlene Kuntz riusciranno ad imporre questo loro cambiamento. La presentazione dal vivo del disco continua così: a Torino il 21 settembre presso la libreria La Feltrinelli, a Saluzzo (Cuneo) il 29 settembre al premio Grinzane, a Verona il 9 ottobre presso la Fnac.
Autore: Fausto Turi _ photo by caterina farassino
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