7-08-2011 Los Altos Hills – Santa Cruz – Carmel by the sea – Big Sur (California)
Ci sevegliamo nuovamente all’alba anche se oggi non si suona, ma ormai siamo abituati così. La prossima data è dopodomani a San Diego, c’è da percorrere una grossa fetta di strada, svariate centinaia di miglia; pensiamo di dividere il viaggio, approfittando dei due giorni di pausa.
Siamo in cammino, in un’ora circa raggiungiamo Santa Cruz, decidiamo di fermarci. Giriamo per la città, nel viale principale c’è tanta gente, negozi di souvenir e soprattutto suonatori di ogni tipo. Ci godiamo l’aria buona e tutto il country folk che sale in alto dagli angoli di strada, c’è un ristorante giapponese, un po’ di sushi per ripulire lo stomaco e siamo di nuovo in viaggio.
Maciniamo altre miglia ed arriviamo a Carmel by the sea, bellissimo paesino sull’oceano, villette basse in legno, con i tetti in corteccia di palma, giardini, alberi e palme di dieci metri, con le estremità piegate dal vento. Ci dirigiamo verso la spiaggia, c’è un vento gelato, ma lo spettacolo dell’oceano e dell’enorme spiaggia bianca è indescrivibile. Restiamo un po’ lì in silenzio.
Ormai è sera e ci avviamo verso la One la celebre strada costiera da cui è possibile ammirare ancora una volta la grandezza dell’Oceano. Abbiamo ancora molto cammino da fare e inizia a farsi buio, proseguiamo malgrado tutte le guide sconsiglino di percorrere la One a ridosso della notte, è una strada a strapiombo, piena di curve, immersa nell’alito oceanico e una volta calato il sole è immersa nell’inchiostro. Abbiamo la benzina necessaria e nessuna fretta e scivoliamo via nel buio; dormiremo a Big Sur, con di fronte le onde che hanno ispirato generazioni di ragazzi e di musicisti nel mito del surf.
8-08-2011 Big Sur – Santa Barbara – Anaheim (California)
Stanotte abbiamo dormito tutti molto profondamente. Un’altra colazione americana e siamo in strada. Il van è ormai una seconda casa.
Arriviamo a Santa Barbara e finalmente ci troviamo immersi nel più classico degli ambienti californiani, un grande viale asfaltato che costeggia il mare, sovrastato da enormi palme; in centro decine di negozi che vendono tavole da surf e ogni genere di articolo associato. Oltre le palme c’è un imponente molo di legno che si spinge fin dentro l’oceano dove si trovano diversi ristorantini dai nomi strani, ne scegliamo uno, l’ultimo, quello più vicino al mare. Mangiamo del granchio e della zuppa d’aragosta con della birra scura, tra i gabbiani e i pellicani; oggi è un giorno di vacanza facendo i turisti.
Verso sera riprendiamo il viaggio, siamo diretti ad Anaheim, ultima tappa prima di San Diego, dove domani ci attende un nuovo concerto. Questa città è il luogo dove il celeberrimo Walt Disney fondò l’omonima fabbrica dei sogni e del divertimento; infatti, è proprio ad Anaheim che si trova la prima Disneyland, inaugurata negli anni ’30, non bbiamo il tempo di visitarla.
Stasera siamo ospiti da Jeff, l’organizzatore del Surfin’Guitar 101, un americanone di un metro e novanta per due, “the dude” in persona, ci offre birra inglese e muffin, un connubio terrificante, buttiamo giù qualche sorso si chiacchiera fino a tardi dei concerti di questi giorni e di musica in genere. Poi “the dude” ci mostra le nostre stanze, luoghi invasi da CD, dischi, pacchi, strumenti ed ogni genere di gadget, in particolare decine e decine e decine di miniature di TIKI, ficcate ovunque. Dormiamo, subito e profondamente.
9-08-2011 Anaheim – Oceanside – San Diego (California)
Al mattino, Jeff ci porta a colazione nel suo solito posto. Ancora eggs and bacon, french toast ed altre schifezze varie. Ci dirigiamo a San Diego, per il concerto della sera, ma prima facciamo una sosta ad Oceanside, altra bellissima cittadina sull’oceano. Una volta sulla grande spiaggia vediamo un gruppo di surfisti che mostrano tutto il loro talento. Passeggiamo sull’ enorme spiaggia bianca. Lungo la costa ci sono tante piccole case, le onde si allungano verso di noi, il vento è freddo e l’aria è dolce e noi siamo qui.
Ci rimettiamo in viaggio, a caccia di un motel dove fermarci e ci ritroviamo a Little Italy in San Diego. L’albergo che troviamo è spettacolare, finalmente un po’ di vero confort. Mangiamo della pizza, del resto siamo a Little Italy e finiamo nei letti dell’albergo, siamo a pezzi è ora di recuperare un po’ di energie.
Un sonno breve e senza sogni dopodiché siamo al Pink Bar, un club caldo e affascinante dove blu neon e riflessi viola tingono l’aria. Stasera non ci sono altre band in programma, i Bradipos sono l’unico gruppo.
Un paio di birre e tocca e siamo on stage. I Bradipos ci danno dentro, ancora una volta; lanciamo i nostri reverberi più in alto possibile, lo spaghetti-surf colpisce ancora. La gente ci avvolge con il suo calore, la serata corre via veloce e vendiamo molte t-shirt della band, i CD ormai sono finiti, ci lasciamo prendere dall’atmosfera del Pink Bar e lasciamo che i blu neon ci attraversino.
E’ la notte più lunga.
10-08-2011 San Diego – Anaheim – Los Angeles (California)
Ed ora Los Angeles…siamo nel ritmo…i giorni scorsi già iniziano a confondersi nel tutto…le spiagge, i locali, le persone, le strade…andiamo!
Altre cinque date… altre cinque città… altri cinque viaggi… funziona così.
Prima di raggiungere Los Angeles abbiamo il tempo di fermarci ad Encinitas da Lou’s Records un fantastico negozio di dischi, polveroso, legnoso ed incredibilmente pieno di vinili, CD e gadget di ogni tipo. Una sorta di piccola bottega della perdizione dove spolpare le nostre carte di credito, ci passiamo almeno un paio d’ore per uscirne con un bel carico di musica. Ascolteremo tutto nel van, durante i viaggi che ci aspettano. Sulla stessa strada troviamo un ristorante tailandese ci fiondiamo all’interno e consumiamo compulsivamente pollo al curry, spring roll, riso speziato e birra, qualcuno prende dell’insalata, nel tentativo di ripulire un po’ le viscere, ma è piccante anche quella. On the road again!
Raggiungiamo nuovamente Anheim, a casa del “dude” Jeff, per lasciare lì parte della strumentazione, a Los Angeles non ci servirà. Facciamo tutto al volo, siamo in ritardo ed è sera, corriamo verso Los Angeles con una macchina nuova; mentre il sole si abbassa ci appare lo sky line di LA, ci avviciniamo, siamo in città. Enormi grattacieli scuri ci sovrastano, è come se Los Angeles ci inghiottisse nel suo ventre. E’ un luogo diverso rispetto a quelli in cui siamo stati fin ora; qui lo scenario che ci circonda è imponente e trasferisce un senso di altrove che affascina ed inquieta. Andiamo al locale.
Eccoci al Redwood Bar, locale buio nella Downtown, siamo nella “dark side”, qui l’aria è densa e cupa, si avverte quell’alone misterioso che emerge nelle notti della megalopoli. La strada è abbandonata dalle persone “normali” ed inizia ad essere popolata dagli “alieni”…siamo capitati davvero in un posto strano.
Nel locale la gente è molto “cool”, parla piano e poco, guarda piano, con vista profonda e inesorabile, ognuno sembra “avere il controllo”…è una bella sfida.
Ci sono altre band che suonano un surf strano e contaminato, a volte incomprensibile. Si tratta di una sorta di de-costruttori musicali, smontano le note del surf fondendole in fraseggi imprevisti ed interessanti; le band in questione sono i 3 Balls of Fire e Insect Surfers, entrambi di LA.
Incontriamo di nuovo anche i tedeschi Razor Blades, il loro tour si incrocia con il nostro.
Il pubblico segue attentamente le diverse performance, con un’attenzione ed un rispetto religioso; è un bel posto per suonare, molto distante dai locali incasinati dove suoniamo in Italia, che ovviamente apprezziamo moltissimo, ma dove a volte l’ubriachezza ed il bisogno di ballare sovrastano la musica; qui non è così: la gente è qui per i concerti, per ascoltare, per la musica.
Tocca a noi, si comincia. Il pubblico è seduto, impassibile, concentrato, abbiamo gli occhi addosso, ma ad ogni pezzo concluso il locale si apre in applausi fragorosi ed urla di compiacimento. E’ una gran bella sensazione. Il concerto finisce ed ancora una volta veniamo abbracciati dalla gente. Siamo contenti ma anche molto stanchi: la qualità dell’ascolto ci ha costretti ad una concentrazione molto intensa e l’amplificazione ci ha dato dei piccoli problemi tecnici, cose che fanno parte del gioco.
Portiamo comunque a casa la serata. E’ ora di chiudere gli occhi, andiamo al motel che abbiamo preso dietro l’angolo, senza perdere tempo e tirando dritto, ci hanno consigliato di evitare di stare in giro di notte da queste parti; seguiamo il consiglio e la testa è sul cuscino. E’ stata la serata più inquieta del tour.
11-08-2011 Los Angeles – Venice – Anaheim – Long Beach – Anaheim (California)
Sveglia presto, abbiamo qualche ora libera prima di tornare ad Anaheim a recuperare la strumentazione lasciata da Jeff; decidiamo di andare a Venice. Quando arriviamo, restiamo senza fiato, a Venice c’è “La” spiaggia, una distesa enorme di sabbia bianca e palme di fronte al Pacifico…ancora una volta ci fermiamo a contemplarlo, ci stendiamo sulla sabbia e passa del tempo. Un giro sulla stradina turistica che costeggia la spiaggia e ripartiamo.
La free way a sei corsie è trafficata più che mai, siamo in ritardo; arriviamo a casa di Jeff, non c’è, ci chiama è in ritardo anche lui. Lo aspettiamo seduti sul marciapiede del giardino che circonda la sua casa; parliamo del come i figli possano cambiarti la vita, chiedendoci se sia il caso di farli. Finalmente Jeff arriva, prendiamo la strumentazione, ci cambiamo, siamo di nuovo sulla Free Way.
Al Pike di Long Beach, ottimo ed entusiasmante club, il cui proprietario è il batterista dei celebri Social Distortion, ci attendono e noi non li deludiamo, siamo lì, c’è tanta gente. Tra il pubblico c’è anche Lorenzo Valdambrini, l’organizzatore del Surfer Joe Festival di Livorno ed attivo animatore della scena Surf italiana. Lorenzo è negli USA con la sua gente, in continua costruzione di reti, contatti e concerti; è un nostro amico da tanto ed è venuto a vederci: gli italiani del Surf s’incontrano in California; ci abbracciamo in fretta e rimandiamo le chiacchiere ed i resoconti al dopo concerto. Pochi minuti di preparazione e siamo sul palco.
Il live di stasera è preciso, pulito, impeccabile, siamo delle macchine; il ritmo serrato di una serata dopo l’altra inizia a trasformarci, a raffinarci. Sera dopo sera, lasciamo delle scorie dietro di noi, l’esercizio, il contatto con la gente, la continuità ci portano a parlare con una musica sempre più chiara. Stasera andiamo forte ed il pubblico ce lo conferma pretendendo i bis, applaudendo ed urlando…è un pubblico allegro e divertito. La serata scorre liscia, anche questo giorno ha dato i suoi frutti, non potremmo chiedere di meglio. Ritroviamo un tipo che abbiamo incontrato ieri a LA e che riprende l’intero concerto con una telecamera e che ci assicura che si sposterà per vedere tutti i concerti restanti della tournèe…incredibile! Incontriamo nuova gente che ci avvicina e ci manifesta enorme apprezzamento…ormai sembra girare così e noi non ci domandiamo il perché, ce lo prendiamo e basta.
Ci dedichiamo a Lorenzo che come sempre ci sommerge di complimenti, ci viviamo il dopo concerto.
Dormiremo ad Anaheim, a casa di Jeff.
12-08-2011 Anaheim – Corona – Anaheim – El Segundo (Callifornia)
Stamattina abbiamo un appuntamento speciale: Jeff ci porta in visita alla fabbrica della Fender, nella città di Corona. Assistiamo in prima persona al lavoro di creazione di quegli strumenti che da sempre maneggiamo: dall’avvolgimento del rame dei pick up, fino all’inscatolamento. E ’un viaggio affascinante, settore dopo settore ci adentriamo nella fabbrica entrata nel mito, assaporando il piacere di poter vedere da vicino le persone che passo dopo passo trasformano un legno in chitarra. Con piacere scopriamo che, malgrado le strumentazioni e i macchinari, l’approccio del lavoro è sostanzialmente artigianale: squadre di liutai, avvitano, montano, incollano, testano gli strumenti, badano al dettaglio; ogni chitarra è in realtà diversa dall’altra e questa è la cosa più interessante. Un giapponese, in visita anche lui, si avvicina, ci chiede se siamo i Bradipos IV, gli rispondiamo di si e va in brodo di giuggiole, ci dice che ci ha sentito in radio qualche sera prima e che ci trova fantastici, lo scorgeremo fotografarci a distanza per buona parte della nostra permanenza alla fender…surreale!!!
Per pranzo siamo di nuovo da Jeff che ha organizzato un barbecue nel suo giardino-bordo-piscina, siamo nel più classico dei set legati all’immaginario USA. Hamburger e salsicce sulla brace, ceste di birre con ghiaccio, gente che arriva e che viene. Ci sono amici di Jeff e tutta una serie di persone che a vario titolo seguono e svolgono un ruolo nell’ambito della surf music californiana. C’è anche un ex attore hollywoodiano, un caratterista che sta realizzando un documentario sulla surf music, prende contatto con noi per inserirci nei suoi piani, vedremo gli sviluppi.
Nel tardo pomeriggio, dopo un po’ di necessario riposo, si parte per El Segundo, circa un’ora di Free Way. Il club che ci accoglie questa volta si chiama Purple Orchid; ha un arredamento in stile jungle, ci sono tiki ovunque e di tutte le dimensioni; è un posto molto bello e si respira un’aria frizzante. Stasera suoniamo con altri due gruppi: Meshugga Beach Party e gli Outerwave entrambe di Orange County, maestri del Surf.
Tocca a noi. Ecco che per la seconda volta succede qualcosa di veramente straordinario; così come al Forbidden Island di Alameda, il pubblico impazzisce completamente…!!! Noi siamo carichi e allenati e tiriamo fuori tutto il suono di cui disponiamo e la gente urla, si diverte, applaude ad ogni pezzo sempre più forte e noi cresciamo in maniera esponenziale: è grandioso! Sul finale ci applaudono per un tempo enorme che non sappiamo definire, ci urlano di suonare ancora; non ci facciamo pregare.
Nell’ultimo saluto al pubblico alziamo gli strumenti al cielo, mentre gli applausi diventano assordanti…è kaos; una strana sensazione di potenza striscia nelle vene…c’è forse da preoccuparsi?
Di nuovo firmiamo autografi ed entriamo nelle foto di tante persone, che non vedremo mai. Il tour ci ha regalato un altro momento assolutamente indimenticabile.
Dopo il clamore ancora prendiamo contatto con un paio di appassionati che hanno fatto delle riprese del concerto, lo abbiamo già fatto in un paio di date precedenti, stiamo cercando di mettere insieme del materiale video ed audio per realizzare una testimonianza della tournèe…vedremo, qualcosa ci dice che per il momento certamente finirà su facebook in maniera selvaggia.
E’ stata un’altra grandiosa serata, ci guardiamo senza parlare, i bradipi sono confusi e stupiti, ma ormai anche ben consapevoli di ciò che accade, probabilmente solo la determinazione e lo stomaco possono condurre a questo.
Sono le tre del mattino, siamo sulla strada del ritorno, ci ferma la polizia…i fari su di noi, alcune domande, controllano i passaporti…ci salutano e ci lasciano andare cordialmente: siamo dei bravi ragazzi !?!?!
13-08-2011 Anaheim – Los alamitos (California)
Sveglia all’alba; oggi si suona a Los Alamitos su un palco molto importante; siamo allo Starting Gate per il festival “Surf guitar 101”.
L’orario di inizio della Convention è davvero assurdo, la prima band aprirà alle 9 del mattino, a noi tocca alle 16.30, ma in ogni caso dobbiamo essere lì già dalle 8.00 a.m., per seguire la sistemazione del nostro stand e soprattutto perché siamo ospiti di Jeff, che ne è l’organizzatore e che, dunque, deve necessariamente essere lì… e noi con lui.
Stamattina è dura, abbiamo solo tre ore di sonno al nostro servizio e la straordinaria serata di ieri al Purple Orchid ha risucchiato molte delle nostre energie, stringiamo i denti.
Arriviamo sul posto, troviamo un bel motel di fronte al locale, scarichiamo armi e bagagli e siamo alla convention. Il luogo dove si svolge è molto bello e molto grande: un imponente palco, un mare di gente, un camerino intasato di band che entrano ed escono, posano e prendono strumenti, si cambiano gli abiti, un via vai infernale che colpisce duro sulla nostra stanchezza, Amerigo ha la febbre, siamo tesi: l’occasione è molto prestigiosa, suoneranno le migliori bands internazionali (Satans Pilgrims, Blue Demons, Dave Allan, Belairs, Eddy & the showman, ecc. ecc. ecc.) e noi siamo alla frutta. Gli echi dei grandiosi successi dei giorni precedenti risuonano forte nelle nostre menti, ma ogni volta che sali su un palco, si riparte sempre da zero, ciò che hai fatto ieri è passato, brutto o bello che sia, è il presente che conta, ora conta solo questo palco.
Ci tiriamo su con della robaccia che abbiamo preso in un negozietto di smart drugs a Santa Cruz o a Carmel by the sea, non ricordiamo precisamente dove. La pozione si chiama “Herbal Xtreme Liquid” e dentro c’è guaranà, kola, yerba mate, rou gui ed altre cose che servono a darti un po’ di scossa nei momenti del bisogno. La sostanza ci è venuta in soccorso nei giorni scorsi e speriamo lo faccia anche oggi.
Siamo i prossimi, attendiamo nel camerino, i nervi iniziano a sciogliersi, una sensazione positiva inizia a fluire…bene così. Ci chiamano, tocca a noi. Jeff e Lorenzo Valdambrini si alternano nel presentarci in modo veramente sfavillante, quasi imbarazzante, l’aspettativa è alta. Si parte.
L’istinto si mette in moto, la mente lascia il controllo, le mani vanno da sole, il concerto corre via senza la nostra piena presenza. Quando sei molto stanco, accade così, l’allenamento e l’abitudine prendono il sopravvento sulla consapevolezza, come una macchina esegui la tua parte fino alla fine…fino all’ultima nota. Il pubblico è ancora una volta entusiasta, ci acclamano con fragore, noi ringraziamo pur se leggermente allucinati, ci chiedono il bis, stringiamo i denti e lo concediamo, con tutta l’anima che c’è rimasta, due bis per l’esattezza, alla fine ci avviciniamo al limite del palco ci abbracciamo e ci inchiniamo all’unisono a questo pubblico che ci ha dato tanto calore, ma siamo davvero stanchi, fradici di sudore; il sonno è troppo poco e le energie ormai quasi finite, non riusciamo a godere e a decodificare fino in fondo questo momento.
Ci fiondiamo giù dal palco, cercando gentilmente di evitare la gente che ci segue nel percorso dal retropalco al camerino per salutarci e complimentarsi; una volta dentro, ci cambiamo velocemente e scappiamo verso l’uscita sul retro; qualcun altro ci ferma ancora ed un cameraman ci blocca per una intervista, concediamo l’intervista…siamo fuori.
Ci disperdiamo, Enrico scappa in motel a fare una lunga doccia calda, Massimiliano decide di fare una passeggiata in pace, prende il van e fa un giro ad Hollywood, Francesco va a fumare una sigaretta alla piscina del motel e dopo si addormenta lì, Amerigo resta alla convention, malgrado la febbre, vuole sentire le altre band, si riposerà più tardi. Ognuno si prende un momento per incollare i pezzi, per provare a capire qualcosa di questo mix di assenza di sonno, folla, emozione, aspettative e sudore. Stasera siamo stati invitati ad una grande festa che chiude la convention, non abbiamo idea se andare o meno, se riposare o continuare…domani abbiamo ancora una data…per il momento ognuno sta un po’ per i fatti suoi, più tardi vedremo.
E’ il momento di fermare un attimo le macchine.
…
Abbiamo riposato, ci ritroviamo alle 9.00 della sera e decidiamo di andare. Pronti per il post show party da Don The Beachcomber, uno dei locali più antichi di Huntington Beach , sulla Pacific Coast Highway. Si tratta di un locale fortissimo, all’esterno enormi palme troneggiano intorno all’ingresso, l’insegna, alta quasi una decina di metri è un’enorme pesce spada di neon rosso con all’interno la scritta DON’s e, ovviamente, Tiki scolpiti nel legno ovunque, fiaccole e bambù. Ci troviamo un bel tavolo, ci sono tutti, sul fondo gli Slekton riempiono la serata con i loro virtuosismi, si sta bene. Mangiamo, beviamo, ridiamo a crepapelle ripensando alle disavventure della giornata. Prima di ritornare in motel ci fermiamo un attimo fuori, lanciamo lo sguardo lungo la Pacific Coast e le sue luci: è una magia: per stasera siamo sazi, per stasera siamo a posto.
14-08-2011 Los alamitos – Huntighton Beach (California)
Eccoci, siamo all’ultima data…un ultimo concerto ed il nostro Tour finisce.
Anche stavolta lo show inizia al mattino, ma per questa occasione ci sembra più normale, poiché il tutto si svolge ad Huntighton Beach, sul pier, un palco montato a ridosso dell’enorme spiaggia con dietro l’oceano pacifico; una cornice stupenda. Il pier è pieno di gente, la spiaggia enorme pure, i surfisti cavalcano le onde…è proprio un bel posto per chiudere il tour.
Siamo sereni, rilassati; il riposo del pomeriggio di ieri ha dato i suoi frutti; non vediamo l’ora di suonare. Ancora dividiamo il palco con altri gruppi della scena Surf californiana e non solo…siamo pronti.
All’improvviso, poco prima di iniziare, ad intervalli regolari si avvicendano vari personaggi dello staff nel retro-palco, vengono tutti a dirci la stessa cosa: “Dick Dale is Here, the king is here”. Come??? Tra il pubblico c’é Dick Dale!?!? Non è possibile! “The king è venuto a vedervi”, ci dicono ancora, “qualcuno gli ha parlato di voi ed è qui”.
Ecco, per chi non sapesse di chi stiamo parlando basti dire che Dick Dale è l’inventore della Surf Music, e nell’ambito di questo genere è ciò che è stato Elvis per il Rock&Roll; suo è il celeberrimo brano “Misery Lou”, divenuto noto ai più, negli ultimi tempi, attraverso Pulp Fiction, come brano d’apertura del film. The King ormai ha la sua età, ma malgrado un po’ di problemi di salute che l’hanno afflitto negli ultimi anni, è qui per noi! Facciamo finta di non aver ascoltato la notizia, per evitare eccessi emotivi e saliamo su.
Ci presentano ed il pubblico esplode in un boato d’applausi ed urla ancor prima che suoniamo una sola nota, si è sparsa la voce sugli italiani in Tour, ed evidentemente è una ottima voce; s’aspettano grandi cose da noi.
Quest’ultimo concerto scivola via potente e fermo; ascoltiamo noi stessi, non pensiamo, ci dedichiamo alla musica e al pubblico che ormai è nostro e ci mostra tutto il suo abbraccio. Ci godiamo ogni brano, fino all’ultima nota; ancora una volta ci chiedono un bis, andiamo avanti, oggi non smetteremmo mai. Alla fine spendiamo due parole per parlare del Tour e della California, ringraziando con quest’ultima data tutto il pubblico che ci ha seguito dall’inizio. Il pubblico si alza in piedi, l’applauso di commiato è lungo e intenso, ci inchiniamo al nostro pubblico, alziamo le chitarre al cielo, andiamo via…il concerto è finito.
Posiamo gli strumenti e cerchiamo di incontrare Dick Dale, circondato di gente che vuole un suo autografo, una foto con lui o semplicemente stringergli la mano; la cosa è più facile del previsto, poiché è lui che vuole incontrarci; quando ci vede si avvicina a noi ci stringe la mano, si complimenta: “You guys are great, amazing”, ci dice. Gli chiediamo di firmarci le chitarre, ci fotografiamo con lui. Abbiamo chiuso in bellezza.
Si ritorna in Italia, abbiamo suonato tanto ed incontrato tanti pubblici e persone e tutto è andato molto, al di là delle nostre più alte aspettative. La gente qui ci ha amato con assoluta e convinta dedizione, concerto dopo concerto e questo per noi è il più grande risultato.
Oggi ancora non abbiamo ben capito cosa sia realmente accaduto, cosa sia stato che ha rapito in maniera così violenta queste persone, forse il fatto di venire da fuori, forse gli anni di palco vissuti insieme, forse l’attitudine a mettere fuori una musica che vuole essere autentica, emotiva, istintiva, mirare alle viscere, forse la nostra amicizia… è difficile dirlo.
Sono tanti i commenti che la gente ci ha consegnato: “con voi si sente che siete un gruppo”, hanno detto, oppure: “quando suonate, si percepisce che vi state divertendo ed emozionando” e ancora. “la vostra musica è diversa, è coinvolgente e ricercata”….e tante altee cose.
Magari è tutto vero, oppure no, per noi quello che conta è essere venuti qui e segnare un passo della nostra storia di band, vivere l’esperienza, esserci e questo è avvenuto.
Ora ci resta tornare a casa e dormire, almeno per un po’, sonni tranquilli; almeno stavolta ce lo siamo meritato.
Bradipos IV
Autore: Francesco (Bradipos IV)
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