Chaz Knapp, John Michael Foss, Josh Bertram, sono il trio base che costituisce gli Our Brother the Native, dividendosi i compiti per quanto riguarda le chitarre (quasi sempre acustiche), le percussioni e le tastiere. Alla voce in realtà non c’è mai una sola persona, ma piuttosto cori spesso di bambini quasi sempre distorti attraverso il computer. I dodici pezzi dell’album vogliono ricostruire una sorta di bestiario immaginario (alcuni titoli dei pezzi: Apodiformes, Falconiformes, Welcome to the Arborary, Welcome to the Aquarium, Octopodidae, Sepiidae, Nautilidae) a cui è dedicato l’album intero non a caso chiamato “denti e artigli”.
Purtroppo, ben poco traspare chiaramente delle intenzioni di questi musicisti: una certa tecnica c’è senz’altro, ma la disperdono nel tentativo di costruire rumori più che suoni, distorsioni più che note, dissonanze più che melodie, e questa ricerca è portata all’estremo, diventando fastidiosa, ma soprattutto è completamente fine a se stessa, come è fine a se stessa l’idea di non inserire una voce leader ma di portare avanti per un album intero una voce corale dissonante e spesso gracchiante e volutamente stonata.
Non si può parlare di ritmo né di melodie, ma solo di un susseguirsi di “noises”, come anche loro le definiscono, orchestrati sopra una base costituita da una melodia continua di piano o di chitarra, che per la verità potrebbe essere utilizzata ben meglio se solo ci si volesse costruire sopra una canzone piuttosto che un esperimento.
Ora, le sperimentazioni vanno bene, ma non possono durare un album intero di dodici pezzi: soprattutto se l’esperimento è talmente sperimentale da non farne capire le intenzioni. E a volte vien da pensare che non si tratta di una ricerca, ma semplicemente di svogliatezza musicale, se questi ragazzi non sono capaci in un’ora intera di ascolto di lasciarci una melodia degna di questo nome.
E’ come se invece di fare musica, Gli Our Brother The Native volessero costruire qualcos’altro usando la musica come strumento: ma almeno questo qualcos’altro si dovrebbe capire, o forse il trucco sta proprio nel fatto che non c’è nulla da capire. Contenti loro.
Autore: Francesco Postiglione