Slam Poetry. Poesia. Verbo. Oltre la poesia. Oltre il verbo.
L’Ex Asilo Filangieri di Napoli ha ospitato, nel proprio teatro, la finale regionale campana valevole per l’accesso alla finale nazionale 2019 di Slam Poetry della Lega Italiana Poetry Slam (LIPS); tutte le fasi di qualificazione tenutesi nelle province di Avellino, Benevento, Caserta, Napoli e Salerno sono state interamente a cura del Collettivo CASPAR. Oltre ai poeti in gara, la serata ha registrato il bell’intervento (come ospite e MC) del pluricampione di Slam Poetry, Simone Savogin.
“Lo slam è un modo di mettersi alla prova non solo come scrittore, ma come colui che inscena, dando carne e voce, alle proprie parole – raccontano i ragazzi del collettivo CASPAR – È una arena, un luogo in cui è possibile crescere: lo abbiamo visto nei poeti che partecipano alle nostre gare; in pochi mesi assistiamo a cambiamenti significativi del loro modo di portarsi al pubblico. Alcuni diventano più intraprendenti, addirittura cantano, mettono in gioco i loro talenti attoriali, sperimentano giochi di parole e, soprattutto, si divertono. Che sia un pub, un campo da tennis o un museo, nei nostri incontri ha sempre vinto l’ascolto condiviso: la partecipazione emotiva del pubblico è intensa, divisa tra gli appassionati e coloro che vogliono passare una serata diversa dal solito e si ritrovano una poetica non convenzionale, data in pasto al popolo, che è il nostro interlocutore reale. La sfida vera, oltre che con se stessi, diventa allora quella di intuire intimamente i pensieri e i sentimenti del pubblico, per entrare in comunicazione con questo ed essere un altro tipo di poeta: non quello della turris eburnea, ma quello “della porta accanto”.
Storicamente il Poetry Slam nasce nel 1986, negli USA. E se la poesia ne è la madre, il padre naturale è l’operaio nei cantieri e poeta Marc Kelly Smith: “The very word ‘poetry’ repels people. Why is that? Because of what schools have done to it. The slam gives it back to the people…. We need people to talk poetry to each other. That’s how we communicate our values, our hearts, the things that we’ve learned that make us who we are – La parola ‘poesia’ ripugna le persone. Sapete perché? Per ciò che la scuola ha fatto alla poesia. Gli slam restituiscono la poesia alle persone… Abbiamo bisogno di parlarci poeticamente tra noi. È il modo che abbiamo per comunicare i nostri valori, i nostri cuori e tutte le cose che abbiamo imparato e che ci rendono quello che siamo” (Marc Kelly Smith – fonte Wikipedia che rimanda a Speak Up: The Phenomenon of Chicago Slam Poetry, su millennialinflux.com).
In vero, già nel 1984, Marc Smith, aveva tenuto una serie d’incontri di lettura a voce alta in un jazz club di Chicago, il Get Me High Lounge. Solo nel 1986 però, quando Smith incontra Dave Jemilo, proprietario del Green Mill Cocktail Lounge, nasce l’idea di organizzare ogni settimana, il lunedì sera, una competizione di poesia; così, il 20 luglio dello stesso anno, nasce ufficialmente il Poetry Slam.
Lo Slam incarna, quindi, alla perfezione ciò che in “Dead Poets Society” il professor John Keating (per utilizzare un valido esempio della cultura di massa) invoca nello schiodare, dalla croce del razionale intendimento, il “Comprendere la Poesia”.
Annosa questione, questa, che probabilmente rimarrà sempre un irrisolto interrogativo inevaso, motivo di scontro non sempre dialettico e spesso belligerante tra accademici e artisti fideisti e dogmatici e i più liberali e “modesti” (arti)giani della cultura … è il labile confine, privo di qualsiasi parresia, tra physis e téchne e … (quindi) ars.
Ma forse, come spesso accade, mediando tra physei onta e poiumena dello Stagirita e vestendo di positività l’ispirazione della Musa che manda fuori di senno il poeta nello Ione di Platone, si può affermare, con una certa serenità d’animo, che la Poesia abita la natura in sé, abita l’uomo quale essere naturale ma al contempo, come “arte”, vive del processo estrattivo che l’essere umano compie nel creare (sì) ma anche nel generare, al pari di Elohim, l’atto poetico ex nihilo (come vuole la tradizione) o “barà” (letteralmente) e, quindi, dal nulla o dal (pre)esistente. Il paragone con le Sacre Scritture è monito per non cadere nella trappola della Teologia e per certi versi della Filosofia tutta, nella loro ostinazione di voler necessariamente spiegare e interpretare un qualcosa che andrebbe semplicemente vissuto per ciò che è: espressione, sia essa moto dell’animo o della mente, sia se segua direttrici tracciate o forme libere, sia essa linguaggio aulico, parlesia o vociare bastardo del volgo.
Non v’è dubbio, almeno per lo scrivente, che lo Slam Poetry possa essere un esatto ed ecumenico viatico da inoculare, con il sottile ago della competizione (elemento funzionale al gioco ma non necessario), per rendere dote di tutti i parafernalia che la donna poesia custodisce per sé, vittima di un padre padrone ancora troppo incline al patriarcato colto … in un momento storico in cui si sta perdendo la solidità (verso le masse) della comunicazione artistica …
di Marco Sica