I londinesi Archie Bronson Outfit, al loro quarto album dopo gli ottimi esordi di Fur e Derdang Derdang e dopo la conferma di Coconut, sembrano ormai aver raggiunto con Wild Crush la definizione completa del loro stile musicale, largamente debitore della chitarra di Jack White, di Jeff Buckley, e, per tornare ai tempi dove tutto il rock cominciò, di Jimmy Page e Jeff Beck, per non parlare di Van Der Graaf Generator o Jethro Tull.
La chitarra di Sam Windett, così elettrica, così dura, così fortemente protagonista e ritmica al tempo stesso, è ormai una marca stilistica, ribadita in pezzi come Two Doves on a Lake, o in Cluster Up & Hover o in We Are Floating, dove la citazione dei Led Zeppelin appare esplicita nell’esordio.
In White Belief e Lori from the Outer Reaches compaiono invece delle piacevoli variazioni sul tema: la prima si ispira volutamente a un sound commercial, l’altra è un’ariosa e solare ballata impreziosita dal sassofono, che accompagna tutto il pezzo. Questo sassofono lo troveremo ancora in altri pezzi, ad arricchire l’accompagnamento ritmico portato avanti da Dorian Hobday e Mark Arp Cleveland, rispettivamente basso e chitarra.
Addirittura ammiccante alla psichedelia anni ’60 è invece Sweat and Flow, che introduce una cantilena melodica di immediato impatto (ma anche di immediato ricordo: echeggiano, ascoltando questa canzone, le note dell’indimenticata Nico nel ritornello di I‘ll Be Your Mirror dei Velvet Underground), mentre autentico ponte tra passato e presente, tra progressive e indie è Hunch Somebody Love Somebody, bella, veloce, grintosa, fulminea, energica, solida.
Country Miles vorrebbe essere forse un omaggio al country blues, ma resta l’unico pezzo “incompiuto” di questo album, sia come concetto sia come arrivo al cuore dell’ascoltatore.
Per il resto Wild Crush nella sua brevità (nove pezzi tutti fra i 2 e i quattro minuti) ti arriva come una doccia, una calda e invitante doccia di splendida musica, dominata dalla chitarra elettrica permanentemente distorta e mai così rivitalizzata negli ultimi anni: non una concessione all’acustica, non uno spazio lasciato ad altri strumenti, se non, come detto, l’accompagnamento del sassofono. Una piccola preziosa perla, insomma, che gli appassionati del genere e non solo quelli non devono assolutamente perdersi.
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autore: Francesco Postiglione