Sabato 29 Maggio, il Circolo Degli Artisti è stato luogo di nuove scoperte, nuovi sound freschi e ricercati. Qualcuno ha definito i Band Of Skulls, i nuovi Dead Weather, come se i Dead Weather fossero una band ultra decennale; altri ancora un’ alternative band a cui piace sperimentare il rock blues con sfumature garage rock oppressive.
Sta di fatto che i 3 di Southampton, Inghilterra, non hanno deluso le aspettative di chi come me era lì più per curiosità che per puro fanatismo. Ma forse più che i Band Of Skulls a far breccia nel cuore di molti, il mio compreso, sono stati i supporter Turbo Fruits, trio garage di Nashville, nato dalle ceneri di alcuni membri degli ormai sciolti Be Your Own Pet.
I Turbo Fruits han tenuto il palco energicamente come ho visto fare solamente a gruppi quali Black Lips o Gringo Star (vedere per credere). Con un set veloce e dinamico di circa 40 minuti hanno spaziato dal garage più estremo alle ballate più raffinate che solo il flower punk sa offrire; ad esempio il brano “Naked With You” dall’album Echo Kid ne è una dimostrazione, così come “Broadzilla” che dall’intro fa intuire addirittura una similitudine non esagerata con la famosissima Psychocandy dei Jesus And Mary Chain. Con un finale in cui i due membri del gruppo (batterista escluso ovviamente) si sono gettati nella folla con strumenti e aste dei microfoni annesse si può ben intuire di che stoffa siano questi 3 giovani ragazzi.
Da rivedere ancora. Ma veniamo ai Band Of Skulls.
I tre inglesi iniziano il loro set alle undici passate e sembra auto consumarsi prepotentemente, scorrendo via rapido e veloce, inframmezzato da qualche timido “Thank You”. Ma c’è ben poco tempo per le chiacchiere; il giovane trio non sembra molto loquace, non per freddezza, ma forse per timidezza.
“Light of the morning” è il brano di apertura seguito da “Death By Diamonds and Pearls” entrambi eseguiti tutte d’un fiato, nei quali la chitarra è stata totalmente violentata fino allo stremo e la voce dei due frontmen, Russell Marsden (anche chitarra) e Emma Richardson (anche basso, nella foto), si è fusa in un’armonia forte e acuta.
Poi è stato il momento di “Friends” title track dell’EP uscito il 23 marzo di quest’anno. “Patterns” è la dimostrazione della potenza della voce di Emma che si presenta alta e con un fisico mascolino; eppure sembra esprimere tanta leggerezza e grazia allo stesso tempo. ”Fires” e “Hollywood Bowl” sono cattive e rispetto al disco risuonano più lavorate ed energiche, quasi distorte, così come la chitarra, ancora una volta ferocemente violata.
Non c’è spazio per dolci sound e ballate spezza fiato. I Band Of Skulls danno vita ad un vero e proprio concerto aggressivo come non mai, così fino alla fine non c’è alcuna sosta, alcuna pausa per le nostre orecchie e per i loro strumenti.
”I know What I Am”,” Bomb”,” Blood” e” Impossible” nel finale, regalano i cosiddetti fuochi di artificio; e con un gioco assordante e quasi interminabile tra chitarra e basso, e con il forsennato picchiare di Matt Hayward alla batteria, il trio inglese saluta il pubblico in totale delirio.
Non c’è tempo per un bis, nonostante le richieste. Le luci si accendono e i roadies salgono sul palco a smontare l’intero apparato. E a noi cosa ci rimane? Forse con un pizzico in più di sfrontatezza i tre sarebbero stati sicuramente più convincenti, ma dal punto di vista musicale, sicuramente sono una certezza, il futuro del panorama alternative rock?
Autore: Melissa Velotti
bandofskulls.com