Fra l’Annie Lennox degli Eurythmics e Bjork si muove questa ammaliante e enigmatica ragazza, ennesima nuova star di quella che ormai possiamo considerare un vero e proprio sottogenere musicale, l’Icelandic, che ha avuto ed ha fra i suoi esponenti la stessa Bjork, i Sigur Ros, Olof Arnalds e Olafur Arnalds.
In realtà fra il piano minimalista di Olafur Arnads, il folk etereo di Olof Arnalds, il post-rock dei Sigur Ros, e l’elettro-pop alternativo della finlandese HK119 (al secolo Heidi Kilpeläinen) c’è tanta differenza, al punto che il sottogenere li tiene insieme solo per la comune provenienza nordica.
Che poi questa provenienza nordica si imprima in qualche modo nelle ambientazioni musicali di tutti questi artisti è profondamente vero, e la musica sperimentale di HK119 non fa differenza.
Tutto l’album Imaginature è in fondo un autentico esperimento, anche se si tratta del terzo lavoro dell’artista, già quindi esperta nel creare il suo tipico sound.
E questo sound è in sostanza un mix fra synth-pop, avanguardia, electro-vintage, con non pochi tratti di originalità, che consiste non tanto nel creare vera e propria nuova musica (cosa difficile di questi tempi) ma nel saper giostrare in questo mix echi bjorkiani (tanti) con accenni più “commerciali” ispirati anche a Thompson Twins, Depeche Mode, il tutto sapientemente condito dal produttore Christoffer Berg già conosciuto con The Knife, Fever Ray e appunto Depeche Mode.
Originale è poi anche lo stile trasformista, eclettico e ipnotico dell’artista, conosciuta per gli spettacoli dal vivo (ha ricevuto per questo paragoni lusinghieri con artisti del calibro di Grace Jones, David Bowie, Nina Hagen e Iggy Pop), che fondono performance, danza, arte, stage design, video e musica, conditi in salsa new wave con tanto di critica al consumo di massa e a paradigmi ideologici come il socialismo, il capitalismo, la tecnologia e la cultura della celebrità.
Significativa in questo senso la scelta dei titoli dell’album, dedicati al mondo naturale e ai paesaggi di flora e fauna finlandese, titoli come i singoli Snowblind (“Accecato dalla neve”), Iceberg, Spring, Rain, Whale (“balena”), Milky Way (“Via Lattea”) o Wild Grass (erba selvatica).
La sua suggestiva musica elettronica alternativa, densa di sintetizzatori e bassi campionati ma anche di ricercata ispirazione cosmica e di una voce limpida e molto articolabile dal falsetto al baritono, e le performance dal vivo le hanno fatto guadagnare la stima della sua eroina e ispiratrice Bjork, che l’ha eletta su Q artista dell’anno nel 2005 e l’ha portata nella sua stessa etichetta, la One Little Indian.
Faticheremo a vederla in Italia per cui bisogna contentarsi dell’ascolto, che sicuramente non rende completamente quanto Heidi vuole comunicare con la musica e con le tante altre arti a cui si rivolge per costruire il suo messaggio new wave e naturalista ma anche, indubbiamente, denso di egocentrismo.
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autore: Francesco Postiglione