Piccoli Napoleoni crescono. Siamo nella Napoli imperiale: a governare è Gioacchino Murat, generale intriso della volontà di superare l’odiato-amato cognato corso e della convinzione (come un novello Luigi XIV) di essere un dio in terra, le cui sorti solo lui è in grado di decidere.
«Fuoco su di me» (secondo lungometraggio del regista napoletano Lamberto Lambertini, vincitore del premio “Cinema of the world” all’International Film Festival of India 2005 e del Premio Regione del Veneto. Cinema e Cultura del Dialogo all’edizione 2005 della Biennale di Venezia) è la storia di un uomo attaccato dall’ambizione fino ad esserne consumato, ma è anche quella di un ragazzo che finito l’ardore idealista post-rivoluzionario e a contatto con una morte toccata di striscio, preferisce abbandonarsi nel baccanale di una città Carnevale come la Napoli del tempo (inizio Ottocento).
È il racconto di un naufragio, di una battaglia calcolata male e finita con la restaurazione dell’Ancient Regime. Ma è anche la storia di un naufrago – il soldato dell’esercito francese – su una piccola isola ancor oggi intatta, e dell’incontro fuggevole con l’amore e con la morte.
Dietro il resoconto parziale di tre biografie, tre tappe diverse del ciclo della vita (Eugenio- Massimiliano Varrese; Murat-Zoltan Ratoti; il nonno di Eugenio- Omar Sharif) si nasconde l’intento del regista di parlare del presente: «ritengo – dice – che il 1815 sia un momento storico molto simile a questo, con un passaggio di regime e gli ideali che stanno finendo. Mi sono messo nei panni di un giovane di vent’anni che non ha vissuto i grandi momenti passati e non vede molte cose nel futuro per cui combattere, il suo è un domani incerto. Ho voluto riportare all’oggi alcuni valori rendendoli favola, che poi è il modo più antico».
Autore: Michela Aprea