Lounge. (Ri)cominciò quasi 10 anni fa con le inusuali (per quei tempi) bizzarrie kitsch dei Combustible Edison (su Sub Pop, figuratevi), passati anche per il cinema con la colonna sonora di “Four Rooms”. Oltreoceano, poi la faccenda – Thievery Corporation a parte – si è trasferita nel vecchio continente: ristampe di soundtracks di vecchie italianissime pellicole, ritorno di fiamma per il beat, ritorno in auge dei mai tramontati suoni latini (la matrice, quest’ultima, di ciò che genericamente si indicava – oggi ormai non più – come “exotica”). Il tutto è poi andato in pasto alle voraci fauci di dj e manipolatori elettronici (specie tedeschi), i veri riciclatori di quest’epoca, per trovare fissa dimora – passo conclusivo – nei club, con nuovi nomi (o meglio, vecchi nomi preceduti da nu- vai a spiegare a tutti che roba è ‘sta lounge…).
Dicevamo Germania, oggi pozzo apparentemente inesauribile di collettivi, che non so quanto dureranno, che hanno fatto di bossa e salsa il principale verbo da coniugare su giradischi e sampler a fini di rimodellamento. Con cosa? Bè, c’è un sacco di “roba attuale” a disposizione (house, breakbeat, hip hop, jazz), e la gente qui, tra un drink e una chiacchiera, ha voglia di muovere le chiappe.
Trio Eletrico – di cui fa parte, tra gli altri, Peter Heider, metà dei “colleghi” Boozoo Bajou –, dopo l’intero roster Compost (Germania sud-occidentale), Mo’ Horizons (Hannover – nord, comunque) e mille altri nomi disseminati per tutta la bundesrepublik, è l’essenza degli sviluppi della suesposta fenomenologia. Riferimento per la gioventù alternative-chic di Norimberga (e non solo – i dj sono sempre ovunque), rimasticano quanto già esplicitato da tempo. Lounge-oggi non è più un manipolo di coraggiosi che sfidano il passare del tempo (e delle mode) a costo di apparire anacronistici, ma lo sfondo sonoro di Buddha-bar patinati e traboccanti di carne umana di bell’aspetto che ripropone, più che la dolce vita anni 60, l’edonismo degli 80 (vituperato solo quando non c’è, quando ci si sta dentro fa sempre comodo).
E’ il paradigma dell’“easy & happy” al quale non ci si può sottrarre, in cui anche se fai dischi come “Echo Parcours” quello che vai a fare in giro sono dj-set (i pezzi propri servono come campioni di quello che si passa alla consolle), più comodi e adeguati a un pubblico ignaro, sostanzialmente, a meno che non tiri fuori il nome e scopri che è quello dello spot tv di tal auto e tal altro rum (è il caso specifico del Trio, e non facciamo ulteriore pubblicità). Fossi frequentatore più assiduo di tale club forse mi starebbero bene. Così come mi trovo, questo è ciò che non voglio più inserire nel mio lettore.
Autore: Bob Villani