Se viaggio deve essere, allora che sia, e per questo zigzagare James Brooks (ex Appliance), chitarrista inglese in arte Land Observation, immatricola il suo immaginario album The Grand Tour dove – con molta melassa sbuffante – ripercorre (o vorrebbe) con timbri, sonorizzazioni e voli pindarici il tragitto o le mappe del famoso Grand Tour che nell’Ottocento portava in Europa ricchi viaggiatori, poeti, artisti, pittori a scoprire bellezze e armonie paesaggistiche ed ispiratrici.
Lui ci crede in questo viatico storico/sonico e quello che ne viene fuori è un ambient chitarristico fatto di loop, inneschi, riverberi che sinceramente ha la corta vita di una ventata improvvisa, niente che si possa ricordare o almeno “transennare” in qualcosa che faccia piacere al tasto repeat, un noioso interagire tra smartphone, il concept ambizioso di un Grand Tour rinfrescato e la presunzione di una emozione storpiata da ovvietà che fa di questo – si può dire? – esperimento una perdita di tempo per l’umanità intera.
I paralleli virtuali con un certo Alva Noto potrebbero anche sussistere, ma poi tutto cade in basso, un disco 2.1 per sperimentare qualche tensione di elettricità casalinga e poco altro, rimane la sostanziale inutilità di qualche “effetto” che – pieno di autoreferenzialità oltre la media – porta questo Tour in una strada senza uscita.
Bartali disse: “L’è tutto sbagliato l’è tutto da rifare”, e come dargli – in questo caso – torto?
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autore: Max Sannella