È risaputo che, durante la stagione estiva, fioriscono in ogni dove Festival prettamente musicali o a 360 gradi come, ad esempio, quello ungherese dello Sziget, dove concerti si alternano a manifestazioni teatrali, di folklore e di sport estremi. Forse non il più famoso o il più in voga ma sicuramente frequentatissimo e di altissimo valore artistico è il Pukkelpop, tenutosi tra il 17 agosto e il 19 in Belgio, che si segnala come un evento dal programma mirato ad un pubblico eterogeneo in quanto ad età e gusti musicali.
Con precisione ed amore per i particolari tipicamente nord europei, niente è lasciato al caso. Gli spostamenti ferroviari per raggiungere il sito dall’aeroporto sono compresi nel prezzo del biglietto. Le attese in vista dell’ingresso nell’area camping sono oneste, tenuto conto che ci sono da controllare migliaia di persone. Una strada nazionale divide l’area principale dove si svolge il vero e proprio festival dalla zona addetta al campeggio. L’unica pecca organizzativa riguarda proprio questo spazio. Servizi igienici completamente inutilizzabili, attese stratosferiche per la doccia (un unico capannone è oggettivamente poco, ndr), sporcizia diffusa, e prezzi decisamente alti (per non dire assurdi, ndr). A parte questo, massima precisione e serietà.
Dal punto di vista strettamente musicale, come detto in precedenza, la scaletta è degna di nota con molte band e artisti importati direttamente dal parente famoso d’Ungheria. L’indie rock è il genere maggiormente rappresentato anche se la presenza di sette stages equivalenti ad altrettante proposte musicali differenti fa del Pukkelpop un evento estremamente vario e completo. Età media del pubblico sicuramente bassa, cosa estremamente interessante perché spia di una concezione diversa dell’evento live nel nord Europa, legato più alla dimensione di aggregazione che a quella prettamente musicale.
In tre giorni le band ad alternarsi sui palchi del Pukkelpop sono state moltissime; da precisare che tutto si è svolto senza il minimo ritardo o cancellazioni dell’ultimo momento che, come si sa, sono sempre da mettere in conto in manifestazioni di questo genere. Ad attrarre la maggior parte del pubblico sono stati sicuramente Radiohead, Placebo e Massive Attack, gruppi principali della scaletta e quelli con maggior tempo a disposizione per dimostrare le proprie qualità. Riguardo i primi, la prestazione è stata quasi scolastica; una band palesemente provata dalla folta attività live che li ha visti attrazione principale in moltissimi festival estivi e che sono arrivati alla manifestazione belga incapaci di esprimere al meglio l’energia e l’emotività che li ha sempre contraddistinti. Formalmente perfetto lo show con Tom Yorke padrone del palco e sempre capace di penetrare nell’intimo dei presenti anche grazie ad una sapiente complementarità video/musica. Ma l’impressione di base è stata che la formazione inglese non abbia espresso al meglio le proprie capacità e che qualcosa sia mancato. Una scaletta incentrata sui classici, tra i quali è mancata solo “Creep” e la splendida “Black Star”, ma con un occhio alle nuove produzioni estrapolate da “Hail To The Thief”.
Il secondo giorno ha visto protagonisti i Massive Attack, alfieri del trip hop “made in england”. Come sempre impeccabili, autori di uno show pulito, intenso, preciso e caotico nello sconvolgimento fisico che provoca nell’ascoltatore. Molti dicono che quando hai visto i Massive Attack una volta li hai visti per sempre. Horace Andy è immenso quando esegue “Hymn of The Big Wheel”; senza possibilità di respiro si susseguono “Angel”, “Karmacoma” e Unfinished Simpaty” e l’accuratezza esecutiva è incredibile. Il pubblico sembra caduto in uno stato di shock per il fiume in piena di immagini, luci e suoni proveniente dal palco. Dura poco il concerto, meno di Radiohead e dei Daft Punk la sera successiva, ma è sufficiente. Per i Placebo il discorso è simile a quello fatto per i Radiohead. Chi non li ha mai visti sicuramente apprezza lo show della band inglese ma è chiaro che molto manca. Che la voglia della band sia scarsa, che Brian Molko è ancora padrone di una voce particolarissima ma che non rende al meglio sul palco e che alcuni classici sono stati eseguiti in maniera approssimativa come “Every You Every Me” e “Special K” mentre pezzi come “Twenty Years” e “Pure Morning” hanno dimostrato il vero valore del frontman.
Tra le proposte più interessanti di questo festival vogliamo ricordare i Gogol Bordello, originali nella musica e dilaganti nello show. Gli Eagles Of Death Metal che hanno fatto ballare con il loro rock a stelle e strisce e gli Scissor Sisters con la loro dance ruffiana.
Insomma una proposta di estrema qualità che con qualche aggiustamento strutturale nell’organizzazione potrebbe portare il Pukkelpop a competere seriamente con i suoi pareti più famosi.
Autore: Andrea Belfiore
www.pukkelpop.be