L’Empty Bottle è tra i più quotati live-club di Chicago, e basta metterci piede una volta per capire il perché. Se ci si guarda in giro già nella prima stanza, dove ci si rilassa tra biliardo, videogiochi e flipper vintage o ci si scatta foto in una vecchia cabina per le foto-tessere (?!), si possono scrutare i manifesti delle band passate da queste parti, da The Fall ai Trail Of Dead, dai Joan Of Arc ai Califone. La sala concerti è scura relativamente piccola, con un palco che trasuda rock’n’roll e un impianto sospeso le cui dimensioni fanno pensare a concerti suonati decisamente “loud”.
Ad aprire le danze i locali CoCoComa, con un power pop veloce e scanzonato, in cui si bada pochissimo alla tecnica, e molto di più a far divertire il pubblico con melodie facili-facili (col batterista alla voce principale e gli altri tre componenti alle prese con dei cori simpatici nelle intenzioni, un po’ barcollanti nell’intonazione), accordi semplici e un suono piuttosto compatto.
Li succedono sul palco i Royal Baths. Giovanissimi, californiani di San Francisco, sono davvero una bella sorpresa. Due cantanti-chitarristi e una batterista, canzoni orecchiabili che si fondono con cascate di feedback, fuzz e riverberi, ritmiche ipnotiche, ed un’approccio che ricorda la “neo-psichedelia” di band Soft Boys o Teardrop Explodes. Il pubblico è letteralmente rapito da un vortice sonoro compatto e dal muro di suono che i tre giovincelli innalzano martoriando i propri strumenti. Bravi, veramente. Ma la maggior parte dei presenti, per niente pochi, se si considera che si tratta di un martedì sera, è qui per l’”headliner”, Ty Segall (nella foto), e lo si nota dal calore, dal coinvolgimento e dai cori che accompagnano i pezzi in scaletta. Il biondo cantante-chitarrista, anche lui di San Francisco, è sostenuto da un chitarrista ed una sezione ritmica tutta al femminile.
L’impatto delle sue canzoni, un po’ proto-punk à la Mc5 e Stooges, un po’ garage-psichedeliche à la 13th Floor Elevators, e un po’ molto figlie della prima ondata grunge (sembra di trovarsi davanti a dei Mudhoney esordienti), è sicuramente notevole. Il simpatico sbarbatello canta e suona in maniera incredibilmente energica, la presenza scenica c’è (non manca neanche il momento stage-diving sul finale), e il sound, per quanto essenziale e scarno, ha un impatto fisico non indifferente.
L’originalità latita, e il songwriting non è entusiasmante, ma in fin dei conti il concerto fila via piacevole e coinvolgente. Si accettano scommesse su quale tra le band vedremo per prima in tour in Italia…
Autore: Daniele Lama
www.myspace.com/tysegall – www.myspace.com/cococoma – www.myspace.com/baths