La prima cosa che viene da pensare ascoltando questo album è: perché?
Per carità, non è un giudizio negativo ma giusto l’espressione di qualche perplessità. La prima cosa che salta all’occhio è il nome della band, molto carino e baudeleriano, peccato che poi quando si infila il cd nel lettore (o si ascoltino gli mp3 sul pc, come preferite), si disperi di arrivare alla fine.
Le canzoni sono tremendamente simili l’una all’altra, con qualche piccolo sprazzo di diversità che però non riesce a ridestare dal torpore in cui è avvolto quest’album. Un’altra cosa che suscita in me perplessità è in realtà una cosa che fanno la stragrande maggioranza della band, che siano metal, indie, punk o pop, ossia cantare in inglese. Ora, l’inglese è una lingua bella e cara ma la si dovrebbe utilizzare soltanto se la si padroneggia bene, tanto nel parlato quanto nel cantanto. Molto probabilmente, se le canzoni di questo disco fossero state in italiano, sarebbero state mille volte meglio.
Da un punto di vista tecnico, la band è veramente valida, perché le parti melodiche sono tutte quante molto ben costruite, probabilmente la vera pecca è la voce. Il timbro leggermente soffocato della cantante Giulia Sarno, che ricorda un po’ quello di Ani Di Franco, sembra fare fatica ad imporsi sulla parte strumentale, col risultato di venirne quasi inghiottita, rendendone l’ascolto veramente difficile.
Autore: Veronica S. Valli